Cronaca / Morbegno e bassa valle
Domenica 27 Marzo 2016
Migranti al lavoro. Al Bellevue si creano i gadget della Lilt
Cosio Valtellino: Giulio Salvi ha ottenuto la commessa per far creare ai suoi cinquantasei ospiti dei portachiavi. «Così si allevia l’alienazione per l’attesa di un permesso».
Sono 56, vengono da nove paesi diversi e si sono messi al lavoro. In questi giorni all’hotel Bellevue di Cosio Valtellino non infuriano polemiche, non ci si contrappone in diverbio sui massimi schermi mediatici nazionali, sul tema «Ospitalità sì, ospitalità no ai richiedenti asilo». I richiedenti asilo, lavorano. E il lavoro, per chi è precario, è una medicina.
Nelle sale interne dell’albergo, i ragazzi arrivati in Italia con i barconi, utilizzano pirografi, apparecchi per lavorare e decorare il legno, punte, perforatori di precisione. Scalfiscono pietra ollare, incidono tavolette di betulla. «Rompiamo un tabù - ha detto ieri il titolare del Bellevue, Giulio Salvi - abbiamo concordato una commessa con una grande onlus valtellinese, una commessa gratuita. I giovani che qui attendono il permesso di soggiorno, lavorano per confezionare 1.500 portachiavi. Li prende la Lilt, Lega italiana lotta ai tumori, sezione di Sondrio. Gli oggetti verranno consegnati come gadget a tutte le partecipanti e i partecipanti della corsa amatoriale organizzata dalla Lilt a Morbegno, tradizionale appuntamento primaverile podistico e di prevenzione».
Di Salvi e del Bellevue si è parlato spesso in questi mesi, l’operatore appare in Tv, deve rispondere a quesiti posti dai più titolati portavoce della politica nostrana, si parla spesso della sua attività aperta all’accoglienza dei flussi migratori, ai giovani che scappano dall’Isis, da Boko Haram, jidaisti nigeriani, stragisti di cristiani. Si parla, si dicono tante cose, poi mentre si è lì arriva la telefonata. Sono i referenti del governo che chiedono se ci siano posti, «perché c’è appena stato un nuovo grande sbarco di migranti», le prefetture cercano collocazioni sul territorio.
«Questa sera - annunciava ieri Salvi al termine della telefonata - arrivano altri cinque ospiti». E si va avanti: dall’Africa, dalla Libia, la gente in fuga si imbarca, arriva sulle coste italiane, poi viene smistata, in attesa di sapere se gli verrà accordato asilo. Al Bellevue ci si muove in una piccola comunità quieta e, in questi giorni, affaccendata. Mohammed Alamgir è in Italia da otto mesi, vicino a lui, c’è Diao Alassane, senegalese, incidono tavolette di betulla, su cui compare il logo della Lilt di Sondrio. Mohammed in Bangladesh ha moglie e due figli, vorrebbe lavorare, per sostenerli. Diao, per arrivare in Libia e imbarcarsi ci ha messo cinque anni. Dal Senegal si è portato in Mali, poi Benin, Nigeria, Camerun, vorrebbe restare in Italia. «Dando a questi ragazzi piccole occupazioni - spiega Salvi - attenuiamo l’alienazione di queste attese di anni, creiamo collegamenti con la società che li accoglie e, forse, valorizziamo delle future attitudini artigianali».
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