Cronaca / Morbegno e bassa valle
Venerdì 13 Dicembre 2024
Indagini sul Bitto Dop: il Consorzio di tutela prende le distanze
Morbegno Le parole del presidente Marco Deghi: «Tuteliamo il marchio e l’immagine della filiera». Intanto i legali sono al lavoro sugli atti della Procura
Scuote il mondo dell’agricoltura provinciale e non solo la notizia - che abbiamo pubblicato in anteprima giovedì su “La Provincia di Sondrio” - della chiusura dell’inchiesta della Procura di Sondrio sui presunti casi di Bitto Dop “tarocco”, secondo le risultanze dell’attività investigativa condotta dagli ispettori ministeriali del ministero dell’Agricoltura e dai militari della Guardia di finanza del Comando provinciale di Sondrio.
A otto imprenditori di Valtellina e Valchiavenna - che, allo stato, non possono assolutamente essere considerati colpevoli perché al momento neppure processati - è stato recapitato il 415 bis, ossia l’avviso di conclusione indagini che, solitamente, precede la richiesta di rinvio a giudizio. Ora, come ha scritto il procuratore Piero Basilone, che ha fatto recapitare loro la comunicazione, ciascun indagato ha la possibilità, entro 20 giorni dal ricevimento di suddetto avviso, di “presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa a investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto a interrogatorio».
A essere stati destinatari del 415 bis sono stati Isidoro Motta di Albaredo per San Marco, Claudio Tavasci di Prata Camportaccio, Michele Codega di Colorina, Gabriele Pedretti di Mese, Maurizio Pedroncelli di Piantedo, Marco Scarinzi di Fusine, Giulio Tocalli di Berbenno di Valtellina e Claudio Bertolini di Forcola. Tutti interessati dagli accertamenti, le cui prime mosse risalgono al 2022, prima di sfociare in una vera e propria indagine l’anno successivo, e che nessuno, al momento, lo ribadiamo a scanso di equivoci, può essere ritenuto responsabile di condotte illecite, in assenza di sentenze passate in giudicato. Per la maggior parte di loro le ipotesi accusatorie sono quelle contemplate dall’articolo 517 quater del codice penale, ovvero contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. Altri, invece, si vedono contestare l’indebita percezione di erogazioni pubbliche, prevista dall’articolo 316 ter.
«Contestiamo la fondatezza del reato - afferma l’avvocato Alberto Zecca con studio professionale a Morbegno, che assiste Bertolini, il quale deve rispondere di avere ottenuto fondi pubblici non dovuti - e ci ripromettiamo di riuscire a chiarire, al più presto, la posizione del mio cliente, magari anche attraverso un interrogatorio da rendere in Procura».
E il collega Paolo Pedroncelli, anch’egli con ufficio a Morbegno, che difende l’allevatore Maurizio Pedroncelli di Piantedo, ha aggiunto: «Oggi ho fatto richiesta degli atti, il fascicolo è molto voluminoso. Parlerò con il mio assistito per decidere la linea difensiva da tenere». I legali morbegnesi Giulio Speziale e Alice Piccapietra, interpellati, nominati di fiducia da Giulio Tocalli, preferiscono al momento non intervenire con dichiarazioni, come Ausilia Fumasoni e Daniela Martinoli di Sondrio che seguono altri allevatori.
«Non ho ancora visto una sola pagina degli atti - si limita invece a dire l’avvocato Enrico Muffatti di Sondrio - e non conosco la fonte della contestazione. Una volta letti gli atti di indagine sarò in grado di fare una corretta valutazione. Tutelo la posizione di Claudio Tavasci, il legale rappresentante dell’azienda, mentre sono contento che sia stata archiviata la posizione del fratello Massimo, pure lui indagato nella prima fase e il cui nome era apparso sui giornali».
«La notizia è troppo fresca - afferma l’avvocato Danisa Mazzoni, nominata da Motta -. Devo ancora consultarmi con il mio cliente. Al momento, da parte mia, è prematuro rilasciare dichiarazioni».
E sugli ultimi sviluppi dell’inchiesta registriamo anche l’importante intervento di Marco Deghi, presidente del Consorzio di tutela Valtellina Casera e Bitto: «Prendiamo le distanze da qualsiasi eventuale uso improprio del marchio Dop da parte di soggetti che non operano nel rispetto del rigoroso Disciplinare di Produzione del Bitto Dop e da qualunque attività illecita perpetrata ai danni dell’immagine del Consorzio e di tutta la filiera».
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