Cronaca / Morbegno e bassa valle
Giovedì 03 Novembre 2016
Gerola, alpe Trona Soliva senza gestore
I Manni lasciano
Dopo settant’anni di conduzione la famiglia di Cosio Valtellino ha rescisso il contratto. Ora il Comune dovrà riaprire il bando per l’affido.
Si ritira dall’alpeggio il decano dei caricatori delle valli del Bitto e lascia sguarnito Trona Soliva, monte simbolo di Gerola Alta. Sulle spalle più di 70 stagioni d’alpeggio, Mosè Manni classe 1933 di Cosio Valtellino, non è solo patriarca degli alpeggiatori, ma la sua immagine ha veicolato per anni anche quella della produzione tipica della Valgerola. «Nei giorni scorsi - dice il sindaco di Gerola, Rosalba Acquistapace - abbiamo ricevuto la lettera con la quale l’azienda agricola della famiglia dà disdetta al contratto d’affitto dell’alpeggio che era stato rinnovato nella primavera dello scorso anno e sarebbe proseguito fino al 2020. Sapevamo delle difficoltà della famiglia nel proseguire questo impegno, ma è comunque un grande cambiamento. Il monte di Trona, che si compone negli alpeggi Soliva e Vaga, è tra l’altro anche oggetto dell’antico lascito di Pietro de Mazzi il Bedolino al Comune di Gerola. Sicuramente sarà riaperto il bando, non sappiamo ancora in quale forma, per proseguire la monticazione dell’alpeggio».
La famiglia Manni opera in inverno nell’azienda di Cosio Valtellino e sale a Gerola per la stagione d’alpeggio. «Mosè è un simbolo - afferma il presidente dei produttori dello Storico Ribelle, Paolo Ciapparelli - che ha ispirato la nostra battaglia sulla conservazione del metodo storico e della gestione dell’alpeggio secondo la tradizione e che l’ha portata avanti sempre, continuando a lavorare come aveva imparato da ragazzo in alpeggio, arrivando a fare in una stagione fino a 30 calecc. La “leggenda” dello Storico Ribelle ha sempre avuto la faccia di Mosè, rappresentato spesso nelle immagini che hanno fatto il giro del mondo in difesa del metodo tradizionale. Il suo abbandono dell’alpeggio può essere considerato fisiologico, vista l’età e le difficoltà per la famiglia a proseguire, ma non si può dimenticare che nonostante sia stato il simbolo di una produzione di elevato potenziale turistico, i territori e gli enti si sono fermati all’immagine folkloristica della sua barba senza tutelare né valorizzare ciò che c’è alle spalle».
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