Delebio: parla l’imprenditore ferito a fucilate. «Sono un miracolato»

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«Affermare che mi sento un miracolato per quanto è successo è il minimo che si possa dire. E, oltre al mio amico e collaboratore, l’imbianchino Massimo Biocca di Regoledo, pure lui ferito al volto e in particolare vicino a un occhio, ha rischiato pure mio figlio ventenne Loris che, in quel momento, era nel cantiere con noi. Mentre mi trascinava via sanguinante, dopo che Francesco Petrone mi aveva colpito alle spalle con le fucilate, è stato raggiunto da un proiettile a una scarpa. Sono stati momenti terribili che non auguro a nessuno di dovere vivere un giorno...».

E’ ancora scosso, l’artigiano 53enne Italo Acquistapace di Piantedo, per quanto accaduto martedì pomeriggio, poco prima delle 15, nel piccolo cortile di vicolo Monticelli, laterale dell’ex statale 38 dello Stelvio a Delebio, dove era impegnato in alcuni lavori all’edificio acquistato il 7 aprile di due anni fa nel paese della Bassa Valtellina e ora in fase di avanzata ristrutturazione (”Gli alloggi sono pronti, quattro già occupati da inquilini in affitto, e stavamo procedendo alla fase conclusiva con l’intervento alle pareti esterne: tinteggiatura e alcuni ritocchi finali”, ricorda il titolare della ditta familiare specializzata in servizi e impianti idraulici).

«Quel pomeriggio - racconta Acquistapace, seduto sul divano di casa con la vistosa fasciatura in testa dopo l’avvenuta estrazione, da parte dei medici dell’ospedale Manzoni di Lecco, di una ventina di schegge piombo-calcestruzzo come ci ha riferito nell’intervista che abbiamo pubblicato nell’edizione di ieri - per un soffio non sono stato ammazzato dall’anziano che si è poi tolto la vita. Mi hanno poi fatto sapere che, da qualche tempo, non gli avrebbero più rinnovato la patente di guida e si spostava nelle vie del paese con una carrozzina elettrica. Ma mi chiedo: perchè non gli hanno ritirato il porto d’armi, consentendogli di detenere ancora fucili e pistole in casa ? Mi domando come sia possibile che le autorità preposte non siano intervenute: la prevenzione si fa anche così, o dico una sciocchezza ?».

E poi l’imprenditore valtellinese ci rivela una circostanza di cui non eravamo assolutamente a conoscenza: «Massimo e io eravamo ricoverati all’ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona da poco più di un’ora, quando si sono presentati due carabinieri in borghese, uno si è qualificato come maresciallo e aveva uno zainetto sulle spalle, entrambi molto cordiali a chiederci di consegnare loro i vestiti che indossavamo al momento degli spari. In sostanza, ci hanno spiegato che servivano per fare i loro controlli ed escludere che fossimo stati noi a uccidere il signor Petrone. A nostra tutela e trasparenza abbiamo immediatamente acconsentito alla richiesta di privarci degli abiti, per avere così la certezza che non avessimo usato fucile o pistola. Le vittime del duplice tentato omicidio, infatti, eravamo noi due. Sugli indumenti sarebbe stato impossibile rilevare tracce di polvere da sparo per armi da noi non usate. Dopo questa consegna i militari hanno proceduto a verbalizzare il nostro racconto su quanto realmente avvenuto poche ore prima a Delebio».

Intanto, nelle ultime 24 ore, il titolare della ditta artigiana ha provveduto «a tranquillizzare e rincuorare Felicita, la mia maestra d’asilo di Delebio, oggi molto anziana che abita vicino al luogo del fattaccio e aveva saputo di cosa mi fosse successo e si informava sulle mie condizioni di salute. Mentre adesso, alla luce dei fatti avvenuti, mi rendo conto di avere forse sbagliato nel dare poco peso agli atteggiamenti ostili del signor Petrone - ma ignoravo tenesse in casa un arsenale - che prima dell’apertura del cantiere autorizzato si sentiva, evidentemente, l’assoluto padrone del cortile. Ma il grosso dell’intervento di ristrutturazione era avvenuto all’interno del mio caseggiato. Tuttavia lui era spesso affacciato alla finestra a controllare ogni nostro movimento. Ricordo, ad esempio, che un giorno lo informai in anticipo che sarebbe arrivato il camion a scaricare le assi per realizzare il tetto. La sua replica fu: ’Faccia in fretta che se dovessi avere bisogno dell’ambulanza il piazzale deve essere libero».

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