“Più che rubare l’acqua”, il viaggio intimista nel cuore del migrante

“Più che rubare l’acqua” è un’opera che affronta la crudeltà con toni aggraziati, mischiando l’aulico al pragmatico, la purezza e la sporcizia, l’innocenza e la colpa: elementi in contrapposizione che si incontrano tra le pagine di quest’opera e procedono insieme, mano nella mano, descrivendo una realtà completa dei suoi aspetti più torbidi e delle più limpide speranze .

Una realtà attuale, quella dei migranti e del loro viaggio verso un futuro più roseo rispetto al presente da cui fuggono, che l’autrice racconta attraverso l’esperienza di Valentina, protagonista dell’opera: una ragazza italiana, giornalista, che nel suo lavoro ha trovato una possibilità per riscattare la sua vita afflitta dalla consapevolezza di essere una figlia indesiderata , dalla colpa che prova per la sua stessa esistenza. In Afghanistan per un reportage sul collegio femminile, durante un colloquio con le ragazze locali viene scambiata per una di loro durante l’irruzione dei soldati che le riservano lo stesso destino: viene rapita e costretta a vivere sulla sua pelle un inferno di cui, in occidente, si sente solamente accennare, ma che spesso non si conosce davvero e a fatica si può immaginare. È la penna di Pia Cilli Tosti a descriverlo ai suoi lettori, tramite un linguaggio che rimane sospeso sopra la crudeltà degli eventi, osservandola in ogni suo aspetto, profondamente, per rivelarne elegantemente la crudezza : “Tira indietro una ciocca; e getta intorno lo sguardo. In mare, e lungo tutto il bagnasciuga, come in abbandono, sostano barconi fatiscenti, e sconci resti di gommoni. Plastica, mefitiche lattine accartocciate, taglienti resti di bottiglie frammiste a gusci di conchiglie e scarti d’ogni genere abbrancano la battigia crosciante. Sul litorale alla sua destra, tra un dedalo di cenci, scarpe rotte e una svariata quantità di resti. Cupe, fetide macchie di ciabattosi fantasmi siedono su tronchi sistemati come possibili sedili. Ai suoi piedi, onde lunghe bacchettano l’umidore della ghiaia e l’immondizia mista a chiazze di alghe melmose scostate da mulinelli di risacca”.

“Più che rubare l’acqua” descrive il sentiero della speranza che si snoda attraverso l’inferno che conosce soltanto chi ha perso tutto, ma rimane attaccato alla vita con unghie e denti e lotta per sopravvivere. Forte della sua voce poeticamente “spietata”, che sa raccontare quella dura realtà senza scomporsi, ma con grande precisione e suscitando intensa emotività proprio per la sua eleganza, l’autrice riesce a costruire di fronte agli occhi dei suoi lettori una narrazione commovente, senza mai scadere nel pietismo, e intensa: non nasconde l’orrore e la violenza né vuole cancellare la positività di certi eventi e personaggi che saranno determinanti nel viaggio, fisico ed emotivo, della protagonista; ma non si sbilancia né da una parte né dall’altra, è una voce neutrale che non vuole suscitare reazioni artificiali ma lascia che sia il lettore a decidere come elaborare le sue parole.

Lo stile raffinato di Pia Cilli Tosti è anche frutto di precedenti esperienze nell’ambito della scrittura, ha infatti precedentemente pubblicato: “Le terre di Salavento”, “Lettere da una professoressa”Orme oltre la neve”, “Nuove transumanze da Maiella ad Asiago”; ha scritto novelle e testi teatrali e ha partecipato e vinto tra concorsi radiofonici indetti dalla Rai con commedie che sono state successivamente trasmesse. In “Più che rubare l’acqua”, pubblicato dal gruppo Albatros Il Filo , si manifesta tutto il suo potenziale, riuscendo a penetrare sotto la pelle dei suoi lettori, superando ogni pregiudizio e sovrastruttura per parlare direttamente al suo cuore.

È inevitabile, quando si entra in argomento di migranti, che il discorso assuma una piega politica, o quantomeno si scontri con le convinzioni di chi ha una propria opinione in merito, ma la narrazione di Pia Cilli Tosti spinge i suoi lettori a mettere da parte per un attimo quei preconcetti e invita a guardare oltre , puntando la sua lente di ingrandimento sull ’umanità dei suoi personaggi , le loro intime riflessioni, le loro emozioni messe a nudo, facendo riflettere su quanto poco possa valere un ideale illusorio di fronte alla cruda realtà dei fatti: è inevitabile, durante la lettura di quest’opera, immedesimarsi nei protagonisti della storia, vivere quegli eventi che, seppure così attuali e quotidiani, risultano difficili da immaginare per chi non li abbia vissuti, per chi ha distolto lo sguardo senza voler saperne niente o per chi non si è mai posto il problema. La narrazione di Pia Cilli Tosti non concede spazio al superfluo, non tenta di convincere gli scettici tramite un’oratoria politica, ma rimane inflessibile nella sua poetica e sistematica narrazione degli eventi : non vuole convincere, ma raccontare, e attraverso il racconto, suscitando l’intensità di episodi come l’imbarco da migrante, il naufragio, la violenza e l’immensa stanchezza , lascia che sia il lettore a valutare le sue parole, senza imporgli niente.

“Più che rubare l’acqua” racconta di un viaggio dove il terrore diventa speranza, dove incubi e sogni si mischiano e si districano per tornare ad avvilupparsi di nuovo: la lotta per la sopravvivenza , l’esperienza dell’orrore e la sua incomunicabilità con chi non l’abbia condiviso, la forza di chi attraversa per mare un percorso di speranza e di terrore verso una meta ignota, ma sicuramente migliore di ciò che si stanno lasciando alle spalle; i temi che si sviluppano e vengono affrontati dalla narrazione dell’autrice sono sensibili come nervi scoperti, capaci di suscitare grande empatia proprio perché ben inquadrati ed esposti da Pia Cilli Tosti, arricchiscono il suo racconto con le innumerevoli riflessioni che riescono a evocare.

I brevi capitoli sono come gocce che piovono una dietro l’altra: in un attimo prendono forma e si infrangono di fronte al lettore, contenendo per un istante l’intera tempesta, spingendo a una lettura vorace, curiosa e attenta, che tiene col fiato sospeso durante il suo procedere lungo la via tracciata dalla narrazione raffinata, concisa nei concetti ma descrittiva per quanto riguarda i personaggi e l’ambientazione.

“La perdita di una vita è un generale fallimento”, racconta Pia Cilli Tosti nella sua opera: “In cielo, circonvoluzioni di mutevoli masse scure, intervallate da minacciosi brontolii, insidiano un incazzoso libeccio che, indisturbato, irrobustisce e s’appressa: basse, grosse nubi ti fissano imbronciate, come se da te aspettino il via per riversare la tua amarezza su tutti. In casa, tante le lacrime versate e da versare. Giorni, settimane, mesi da vivere in agonia e l’irresistibile impulso di fuggire: voglia di non esistere. Vale, al pari di un cencio in disuso, rigetta ogni contatto con tutto ciò che la circonda.”

Una narrazione che racconta la vita e la morte, il dolore, l’amore, l’indifferenza , toccando ogni tema con decisione e facendolo suonare di una propria nota, che assieme alle altre compone una melodia struggente e comunica una grande intensità emotiva.

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