Il Gavia, lo Stelvio e il Mortirolo: è la storia del Giro

Corsi e ricorsi Dai tempi eroici ai grandi campioni Le montagne e i passi della Valtellina sono iconici e parte imprescindibile della narrazione della corsa

Chiamale se vuoi emozioni. Sono quelle che il Giro d’Italia ha sempre regalato sulle nostre strade. Sono cambiati gli organizzatori, da Vincenzo Torriani all’avvocato Carmine Castellano per giungere a Mauro Vegni, ma le tappe non sono mai state banali e sono rimaste impresse nella memoria dei tifosi. Ognuna delle nostre salite ha il suo eroe. Il Mortirolo, tanto famoso per le sue pendenze, si scoprì, però, inizialmente al mondo per la difficoltà della discesa.

Coppi e Bartali, Merckx e Gaul Hindurain e Berzin fino al pirata Pantani

Chiedere al venezuelano Leonardo Sierra, vincitore della Moena- Aprica nel 1990, che prima di tagliare il traguardo da vincitore uscì di strada più volte lungo i tornanti. In quel fatidico primo giorno del Mortirolo nella storia del ciclismo il Scirea più popolare per qualche ora non fu il compianto libero della Juventus, Gaetano, campione del mondo con la Nazionale di Bearzot nel 1982 in Spagna, ma Mario, il gregario di Gianni Bugno che proteggeva come uno scudiero il proprio capitano e prima di ogni curva segnalava alla maglia rosa la traiettoria. Un dato eloquente su quanto fosse temuta la discesa.

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