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Lunedì 17 Giugno 2024
«Il settore auto fatica a ripartire»
Giovanni Pecorari è un manager attivo sui mercati internazionali «La filiera del motore endotermico deve riconvertirsi in tempi rapidi»
«Gli incentivi sono delle toppe messe al mercato dell’auto, perché la transizione energetica va vista anche in ottica di transizione produttiva per una filiera del motore termico che ha le ore contate, a meno di grandi cambiamenti sulla tagliola della scadenza al 2035, data in cui le norme europee prevedono lo stop ai carburanti inquinanti».
Lo afferma Giovanni Pecorari, componente del direttivo di Uniexport manager, specializzato sul contesto del settore automotive, il quale sottolinea che «nei vari Governi nazionali e anche a livello di Governo europeo ci si sta muovendo sul doppio binario degli incentivi e dei dazi per cercare da un lato di favorire le politiche di riduzione dell’inquinamento nei centri abitati e dall’altro di salvaguardare l’occupazione interna».
Come vede l’annunciata applicazione di un aumento di dazi fino al +38,1% rispetto all’attuale 10% pensando alle importazioni di auto elettriche dalla Cina, in una questione che tuttavia resta ancora aperta nell’applicazione?
È una possibilità, destinata in particolare ai fornitori cinesi che non hanno collaborato all’indagine realizzata dall’Unione europea sugli aiuti di Stato. Sembra che il colosso Byd sia stato più collaborativo per cui non sarà sottoposto al massimo dei dazi ma pagherà il 17,4%, mentre Geely pagherà il 20% e Saic il massimo, 38,1%. E mi riferisco anche al fatto che gli Usa hanno accresciuto del 100% i dazi per le auto prodotte in Cina. Sono stato di recente a una fiera americana correlata all’automotive dove fra gli operatori circolava l’ipotesi che grazie all’accordo di libero scambio Canada-Usa-Messico i cinesi stiano pensando ad aggirare l’ostacolo delocalizzando in Messico. Se in un certo senso potremmo dire che sono affari loro, ma certamente in questo scacchiere mondiale tutto ci riguarda.
E magari si replica anche in Europa?
In Unione europea ci sono Paesi che fanno a gara per avere le case automobilistiche cinesi a produrre da loro offrendo incentivi e agevolazioni, in aggiunta a Stati produttori di auto ma che avendo anche fabbriche in Cina sanno che saranno assoggettati ad eventuali aumenti di dazi. Siamo in un clima di mors tua vita mea, per il resto ogni Paese per stimolare il mercato si muove in modo diverso.
Come l’Italia che ha dato il via a incentivi andati a ruba in poche ore?
Sì, in Italia buona parte della dotazione sull’elettrico è andata esaurita in poche ore mentre altrove, come in Germania, gli incentivi rispetto a quelli stanziati lo scorso anno quest’anno sono stati ridotti. Scelte diverse. Il maggior produttore occidentale di auto elettrica, Tesla, avendo a disposizione un buon parco di macchine che non sta vendendo sta cercando di dare supporto a chi non è riuscito a beneficiare di incentivi. Lo fa offrendo sconti o tempi rapidissimi di consegna. Di certo questo è un periodo particolarmente turbolento per il settore.
Come reagiscono le varie filiere dell’automotive a un mercato decisamente incerto sul futuro?
La filiera del motore endotermico sicuramente si deve riconvertire. I vari Paesi cercano di procedere nel modo meno impattante possibile, ma non c’è dubbio che la conversione sia sconvolgente. Nel mio territorio, il Modenese, ma anche nel Lecchese moltissime aziende sono legate alle produzioni per l’auto endotermica. Ci sono alcune filiere automotive che non perderanno quote di mercato, mentre altre, legate evidentemente alla parte di produzione che riguarda il motore, spariranno. Sempre che dopo le recenti elezioni europee il nuovo Parlamento non modifichi le regole e la scadenza al 2035 sui carburanti inquinanti. Ma non so se accadrà, visto che l’esito delle elezioni non ha portato a uno stravolgimento nella composizione del Parlamento. E a ben guardare, anche il nostro Governo da un lato è critico sul green deal e dall’altro è quello che ha dato i maggiori incentivi sull’auto elettrica. Un po’ di incoerenze ci sono.
Il mercato deve tuttavia ancora fare i conti con le indecisioni dei consumatori sull’opportunità dell’auto elettrica?
Sicuramente le case automobilistiche in passato hanno spinto il legislatore europeo affinché prendesse una decisione forte in un senso o nell’altro. La diversificazione dei vari modelli da produrre era causa di inefficienza e di mancanza di marginalità nei loro processi. Ma ora è difficile dire se quella scelta sia la posizione vincente. L’utilizzatore finale è molto confuso, diviso fra le contrastanti informazioni sul vantaggio dell’elettrico in termini di emissioni, sulla difficoltà di smaltimento delle batterie, sulle difficoltà di approvvigionamento di terre rare e sullo sfruttamento del lavoro nelle zone di produzione. E sui costi delle auto, che sono ancora alti. Manca ancora una consapevolezza diffusa che l’elettrico sia davvero la scelta giusta per la società, a livello mondiale, temi etici inclusi. Ma il legislatore certamente deve fare il suo mestiere, raccogliere le informazioni dalla comunità scientifica e procedere.
Come vede il fatto che Stellantis sospenda il progetto di gigafactory a Termoli per la produzione di batterie?
Le fabbriche investono dove trovano le migliori condizioni per farlo, non sorprende. Le amministrazioni pubbliche da parte loro devono cercare di cogliere certe opportunità e non sempre procedono con attenzione. Le grandi case automobilistiche sanno di avere il coltello dalla parte del manico. Comunque sui grandi scenari di mercato, non solo relativamente all’automotive, c’è un elemento di geopolitica di cui tener conto. Gli Stati Uniti stanno condizionando i loro vari fornitori affinché intensifichino le relazioni con Paesi amici dell’area occidentale all’insegna di un friend-shoring. Impongono relazioni commerciali con Paesi amici, considerando anche che all’interno della stessa Unione Europea non tutti sono considerati di pari grado amicale. Ciò causerà contraccolpi non indifferenti a livello di commercio globale.
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