Il ruolo di Milano e Ticino «I nostri due “competitor”»

L’analisi È cresciuta l’attrattività della metropoli e della Confederazione Guidotti, Camera di Commercio: «Si avverte anche il calo demografico»

Sono diverse le chiavi di lettura possibili per il nuovo report della Camera di Commercio di Como Lecco dal titolo “I giovani verso il lavoro. La realtà lariana”, realizzato dall’ufficio studi camerale in occasione della recente rassegna “Young-Orienta il tuo futuro” che si è tenuta in Lariofiere con un afflusso record di oltre 28mila visitatori.

In un anno Lecco ha visto crescere del 6% il “difficile reperimento” di risorse umane

I numeri del problema

Dai dati e dalle analisi statistiche degli esperti camerali emerge con evidenza un mancato allineamento fra le richieste delle aziende e i profili disponibili sul mercato territoriale del lavoro, «un mismatch piuttosto preoccupante», afferma Carlo Guidotti, responsabile dell’ufficio studi.

Nella classifica lombarda Lecco nel 2023 è risultata essere la provincia lombarda con la più alta percentuale di entrate richieste e di difficile reperimento (53%). «L’anno precedente – osserva Guidotti - eravamo al 47%, siamo al +6% netto in un anno. La meccanica è l’area lecchese che fa molta fatica, così come il turismo nell’area comasca, con percentuali superiori alla media e peraltro ciò accade in due settori bandiera».

Guardando nei dati, su tutte le assunzioni previste dalle imprese lecchesi oltre il 30% è di difficile reperimento per mancanza di candidati, mentre le altre sono dovute a preparazione inadeguata dei candidati. «Questo dato – aggiunge Guidotti - è un problema e si collega alla prevalenza di scelta sui licei. A Como il 53,6% dei diplomati è dato da liceali, che e a Lecco sono il 52,9%: un dato eclatante – sottolinea Guidotti -, significa che più di un giovane su due che si diploma esce dal liceo, il quale dà una formazione generalista e che difficilmente fa sì che chi si diploma entri nel mondo del lavoro».

Fenomeno complesso

E c’è poi una quota classificata come “altro” che comprende coloro che sarebbero disponibili sul mercato e appetibili dalle imprese, ma che pongono condizioni che le aziende non accettano. «Quest’ultima è una tendenza più recente, a differenza di quando, in passato, erano le aziende a definire ogni condizione. I giovani stanno imparando a conoscersi, meglio arrivando anche a rifiutare opzioni con stipendio più alto a favore di altre che con salario inferiore offrono però maggiori possibilità di carriera».

Ad essere allarmante è la demografia, soprattutto quella sul futuro: «Oggi – aggiunge Guidotti – sui nostri territori non c’è una carenza di manodopera, c’è un mismatch dato dalla prevalenza di liceali, da pochi diplomati tecnici, da laureati non spendibili sul mercato del manifatturiero avendo magari frequentato facoltà umanistiche. Migliorando l’incontro fra scuola, università e imprese questo aspetto si potrebbe risolvere, ma a pesare sul futuro è il dato demografico, con un minor numero di giovani fra la popolazione. Ciò si risolve valorizzando il lavoro femminile, e per farlo serve agire sul welfare e sulla gestione delle famiglie, visto che il maggior carico è sulle donne. L’altra soluzione sta in un’immigrazione che sia governata, in modo da inserire al lavoro profili utili alle imprese».

A rendere difficili i giusti inserimenti sul Lario è anche il pendolarismo su Milano e Svizzera, due aree che determinano un saldo negativo fra chi entra e chi esce, mentre verso Bergamo e Sondrio il dato è abbastanza equilibrato e si fa positivo per Lecco e Como verso le altre province lombarde. «Emerge con evidenza un effetto drenaggio da parte di Milano, che attrae da tutte le province anche per stipendi e buone possibilità di inserimento lavorativo. E, soprattutto dal lato comasco, c’è l’effetto attrattivo del Canton Ticino: ci ritroviamo con difficoltà complessive certamente legate a un mismatch, ma aumentate dall’attrattività di Milano e Svizzera».

Sul tema delle alte competenze, che generalmente per quanto riguarda i giovani sono coincidenti con la laurea, il mercato del lavoro milanese ne richiede una quota del 31%, mentre si scende al 19% richiesto a Lecco e al 16% su Como: «Ciò non significa – sottolinea Guidotti - che Lecco e Como non produca laureati con high skill: lo fanno, ma chi si laurea in buona parte sceglie in prevalenza di andare a lavorare prevalentemente su Milano.

Nel 2023 Milano è stata la provincia lombarda con il 40% di entrate di difficile reperimento, la quota più bassa di tutta la regione».

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