Il politico da evitare? Quello uguale a noi

Il bar. L’osteria. La vineria. La fiaschetteria. La caserma. La battutaccia. L’ammicco. La gomitata in pancia. La torta in faccia. Il gatto morto sul palco. Il lazzo. Il frizzo. La lingua di Menelicche. Lo schiaffo del soldato. La ciabatta. La canotta. La mutanda. E tutto via social, naturalmente, in diretta direttissima che più diretta non si può. E poi tutti giù a ridere e a sganasciarsi e a sbudellarsi e a smascellarsi e a rotolarsi.

È da tempo immemore, ormai, che il grottesco è diventato l’unica chiave di lettura della politica italiana e, più in particolare, del potere all’italiana. Forse perché non ci sono più le ideologie, forse perché i tempi sono cambiati, forse perché il livello medio del nostro personale è talmente basso, ma talmente basso che essendo privo di cultura, struttura, storia e visione, si arrangia come può. Buttandola in caciara, appunto.

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