Singolare però come la sortita televisiva di Salvini sia stata sì criticata, ma meno di quella dell’altro Matteo (deve esserci qualcosa in questo nome che non funziona benissimo, almeno in politica) che, in un’intervista al quotidiano della Cei, “L’Avvenire” ha sottolineato la necessità di far ripartire al più presto le attività produttive e invitato a “convivere con il coronavirus” per non vedere perire l’economia e l’intero sistema paese. Affermazioni discutibili ma serie, certo di più del requiem sibilato su Canale 5 dall’ex ministro degli Interni, che però sono state sepolte dalle critiche più dure della politica e non solo.
Con ogni evidenza, per storpiare il sociologo McLuhan per cui “il medium è il messaggio”, l’effetto di una smargiassata di Salvini è minore di una questione concreta ma mal posta, perché finalizzata soprattutto ad accattivarsi le simpatie elettorali di chi si trova già in ambasce per lo stop a fabbriche, botteghe artigiane e negozi, e inopportuno in un momento in cui la priorità è superare la criticità della pandemia. Però è difficile non pensare che se le stesse cose le avesse dette qualcun altro, l’impatto sarebbe stato differente. Perché ormai Renzi è Renzi, uno che, soprattutto per i suoi comportamenti pregressi è riuscito a far perdere l’obiettività nel giudicarlo. Eppure, se ci si sforza di uscire dalla faziosità, si può affermare che si tratti di uno sprovveduto? Spaccone, egocentrico, vittima e carnefice di se stesso a causa del suo complesso di superiorità che si guarda bene dal celare. Ma non stupido. Chi è rimasto dalla sua parte (non molti) accoglie come verità apodittica ogni sua affermazione, gli altri (parecchi) lo stroncano quasi prima ancora apra bocca. Quasi nessuno guarda al contenuto di ciò che dice. Succede, in una stagione caratterizzata da un forte leaderismo, anche per gli altri capi partito da Zingaretti, a Berlusconi, a Di Maio o Crimi, a Meloni, Salvini ecc..? Forse ma non come per Renzi. Peraltro, almeno questa volta, le questioni che l’ex premier ha posto sono state poi riprese, sia pure con maggior cautela, da molti. E, guarda caso, dopo giorni in cui il leot motiv era solo: “tutti chiusi in casa” e meno male, adesso si comincia a buttare lì date e modalità per ripartire. C’è addirittura chi, tra i politici, indica una riapertura delle scuole a maggio. Perché tutto questo? Perché, anche se con il vulnus per cui il primo a farne cenno è stato Renzi, il tema è in campo, eccome. E la politica, se vuole essere tale, deve avere il coraggio di affrontarlo con tutte le cautele e tutte le modifiche nel nostro modo di produrre, distribuire e commercializzare, che questa situazione eccezionale unica negli ultimi cento anni fatto salvo quelli dei due conflitti mondiali, impone. A differenza delle guerre che avevano portato soprattutto a distruzioni materiali, in questo caso a rischiare è il mercato con le sue regole quasi immutabili. La situazione perciò è anche più complessa di allora e ci vorrebbe un personale politico all’altezza della tremenda sfida. E che abbia la consapevolezza, delle parole di Papa Francesco per cui “nessuno si salva da solo”. In Italia e fuori.
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