Se c’è una nota positiva nella crisi totale che ci sta avvolgendo è l’aver fatto piazza pulita di fregnacce come queste, che fino a pochi giorni fa imperavano nei consessi della cosiddetta gente, del cosiddetto popolo, della cosiddetta massa, della cosiddetta pletora informe per la quale il primo che parla comanda e per la quale chiunque parli ha diritto di farlo, anche se non sa niente dell’argomento sul quale pontifica. Ed è cosa buona e giusta, perché il sedicente esperto che vorrebbe obbligarci a fare certe cose è giocoforza un servo dei padroni e dei poteri forti e del complotto planetario ed è arrivato fino a lì in quanto aderente e colluso e adeso e coeso a chissà quale casta, quale lobby di potere, quale groviglio di interessi marci e schifosi. Mentre la vera saggezza e sapienza e temperanza e lungimiranza risiede solo e soltanto nell’essere umano che non sa nulla e che, grazie a questo stato di natura vergine e adamantino, si avvia, soprattutto se guidato da un demiurgo che lo plasmi e lo indirizzi, verso i sentieri della ricchezza e della felicità.
Bene, sapete invece cosa è successo? Appena è scoppiata la pandemia, ed è scoppiata in casa nostra, in Lombardia, i giornali, i giornali storici, i giornali istituzionali da sempre riferimento delle comunità locali, i giornali di carta, insomma, quelli che ormai non interesserebbero più a nessuno, quelli resi ininfluenti dalla Rete, hanno iniziato a registrare picchi di vendita significativi e costanti. E più un territorio è dentro fino al collo nel dramma, più quei picchi diventano irti e sorprendenti: quelli de La Provincia sono molto, molto buoni, quelli dell’Eco di Bergamo (quotidiano del nostro gruppo editoriale, nell’epicentro del caos) addirittura clamorosi. E questi picchi di vendita vanno avanti e non si smorzano con il passare del tempo, nonostante la contestuale esplosione dei contatti sui nostri siti e sui nostri profili social, che ne stanno ampliando la leadership anche nell’ambito digitale.
Ma non è questo il punto. Il punto, il punto vero, il punto dirimente è che quando sei in difficoltà ti aggrappi a chi ami e a chi ti dà fiducia, un po’ come facevi da bambino, quando cercavi sempre le braccia della mamma e del papà. Non era forse quello il posto più sicuro al mondo? Bene, adesso, adesso che le chiacchiere stanno a zero e mentre le vite di tutti, ma soprattutto dei nostri malati, dei nostri anziani, dei nostri nonni sono davvero a rischio, ora che tanti posti di lavoro certi sono saltati e che ci avviamo a entrare in una recessione più tremenda dell’epidemia, a chi ti puoi affidare? Al primo cretino che straparla in diretta su Facebook? Al demagogo da strapazzo che è sempre colpa di qualcun altro? All’influencer analfabeta che ti posta il suo gattino, il suo cuoricino, il suo balletto, il suo perizoma sponsorizzato? Ora tu cerchi e ti fidi del tuo medico, del tuo infermiere, del tuo carabiniere, del tuo poliziotto, del tuo presidente della Repubblica, del tuo datore di lavoro che non ti pianta in mezzo a una strada, del tuo sindaco (se hai la fortuna di averne uno in gamba e non un traffichino cialtrone) che lavora tutto il giorno per uno stipendio da fame. Ti fidi del tuo giornale. Del tuo cronista. Del tuo edicolante. Ti fidi di questa piccola cerchia di professionisti di ogni settore, di gente che lo fa per mestiere, da sempre, con passione certo, ma soprattutto con competenza.
L’epoca dei dilettanti ai posti di comando è finita. Deve finire. In tutti gli ambiti, compreso quello della comunicazione. Vedete, quella dei giornalisti è una categoria piena, ma strapiena, ma stracolma di difetti, a partire dai suoi vertici, intasata di narcisismo, di pressapochismo, di sensazionalismo, spesso di servilismo. E i giornali che ogni giorno vanno in edicola – compreso naturalmente il nostro, che lo fa ormai da 129 anni - sono infarciti di errori, strafalcioni, sciatterie, luoghi comuni e tutto quello che volete voi e che avrete già notato di certo. Però hanno memoria, cultura, tradizione, oltre a una struttura industriale editoriale professionale, non sono fatti da degli scappati di casa, non si limitano a cinguettare, a copiaincollare i comunicati di questo e quello e a scopiazzare, spesso in modo maldestro, le notizie prodotte dai giornalisti veri, che in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo sono in grado di realizzare quotidianamente sei, otto, dieci pagine monografiche nelle quali si racconta la cronaca dell’emergenza nelle nostre terre.
E la gente li compra, quei benedetti giornali, nella versione cartacea e anche in quella digitale. E si abbona. E li paga. Li paga. Non li legge gratis, perché ha capito benissimo che una cosa gratis è una cosa che non vale niente. E lo fa perché si fida. Non c’è alcun bisogno, davvero, di star qui a montare la panna della retorica sulla redazione deserta e i colleghi tutti al lavoro da casa per evitare il contagio e dei pochissimi superstiti che si aggirano con guanti, mascherine e a larghissima distanza l’uno dall’altro come in un film postatomico. Non c’è niente di eroico, per quanto sia sfibrante. Gli eroi sono altri. E poi al lettore non interessa niente. Il lettore vuole solo, anche in questo frangente storico, sapere quello che accade, avere un aiuto su come comportarsi e leggere delle interviste a esperti autorevoli che lo aiutino a decifrare gli avvenimenti. E qui, su questo giornale, tutto questo lo trova. C’è sempre da fidarsi del vostro giornale.
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