Nel lontano 1989 all’Università degli studi di Milano a chi scrive questo pezzo è capitato di raccogliere uno sfogo inatteso dal docente con il quale stava preparando la tesi di laurea.
Il professore era Giorgio Rumi, grande storico lariano, ordinario di Storia contemporanea ed eminente studioso del Novecento, in particolar modo del mondo cattolico. In quell’occasione, mentre stava facendo a pezzi, con feroce eleganza, tutti i capitoli che non andavano in quella tesi sulla genesi del fascismo a Lecco, aveva però apprezzato che almeno fosse scritta in un ottimo italiano e questo, a suo avviso, era davvero positivo perché ormai gli studenti non sapevano più tenere la penna in mano, non capivano più i temi di analisi e tutto questo era colpa della scuola, della sua finta e demagogica riforma post sessantottina e dei ministri, presidi e insegnanti, che continuavano a diplomare ragazzotti non all’altezza destinati a riversare tutto il loro samovar di ignoranza sull’università.
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