Questa è la storia vera di un ragazzo (omettiamo le generalità per la privacy) e di un Paese, l’Italia. Lui, in quell’età beata a metà tra i 20 e i 30 anni, ha deciso di fare un’esperienza all’estero, in uno Stato agli antipodi del nostro, e non solo per la geografia come vedremo. La sua storia può assumere lo status di emblema su cui varrebbe la pena di riflettere. Due premesse: il giovane non è partito per necessità. Qui, viveva in una ricca provincia della Lombardia, aveva un buon lavoro sicuro e ben pagato, abbinato alla fortuna di non dover provvedere alle spese dell’alloggio e delle bollette.
E neppure si tratta del classico “cervellone” in fuga perché l’Italia non valorizza abbastanza le sue doti. Non che il nostro emigrante per diletto sia poco istruito, anzi. E neppure, come l’Alberto Sordi nel celebre “Bello, onesto, emigrato in Australia…” era in cerca di un’anima gemella, di cui è già provvisto. Sta di fatto che poco dopo essere sbarcato nella sua nuova e provvisoria “patria” , il protagonista del nostro racconto ha trovato un’occupazione stimolante e ben remunerata. Il suo datore di lavoro gli ha fornito mezzi di trasporto, vitto e alloggio e un trattamento davvero favorevole, anche per riconoscere i buoni risultati delle sue prestazioni. Cose purtroppo difficilmente realizzabili da queste parti.
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