Il voto analogico nell’era digitale

Dietro il buon risultato del centrosinistra alle regionali in Emilia Romagna e in Umbria c’è sempre il solito spettro che si aggira per le elezioni: l’astensionismo. Che è stato particolarmente alto nel territorio culla della sinistra, dove si è recata ai seggi meno della metà degli aventi diritto, tanto da amareggiare Romano Prodi. Strumentalizzare questo aspetto, come ha fatto qualche esponente del centrodestra, è ridicolo. Perché la tendenza ormai è consolidata e si è manifestata anche nelle consultazioni che hanno premiato l’attuale coalizione di governo. Con ogni probabilità, peraltro, non si tornerà mai più ai tempi in cui votava l’80% della popolazione.

Le cause sono note. C’è una fascia ampia del corpo sociale che non si riconosce più in chi dovrebbe rappresentarla, anche a causa dell’evidente inadeguatezza dei candidati. Un elemento che vale in ogni ambito della nostra politica. Ci sono poi coloro che, dopo la fine delle ideologie e il ridimensionamento del voto di appartenenza sono volati come una farfalla di fiore in fiore, inseguendo sempre il “nuovo”. Ogni volta hanno sperato che chi sceglievano fosse meglio di quelli che lo avevano deluso, salvo poi scoprire che non era così.

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