I confini della satira
E quelli della libertà

Nella repubblica delle banane lo specialista dell’indignazione è quasi sempre un gran trombone.

Ve li ricordate tutti i pretoriani della libertà, della democrazia e, soprattutto, della sacralità della libera espressione, del libero diritto di critica, del libero diritto di satira appena dopo la strage di “Charlie Hebdo”? Tutti a ululare, tutti a pontificare, tutti a salmodiare e a discettare e ad ammonire che guai a chi osasse toccare l’inviolabile diritto a esprimere la propria opinione e a mordere alle caviglie il potere, i suoi pretoriani e i suoi servi ed era tutto un citare - dopo un robusto passaggio su Wikipedia… - Voltaire di qua e Voltaire di là e “non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo” e nessuno si azzardi a sindacare i vignettisti che disegnano quello che vogliono, anche se insultano la religione nostra e quella altrui, anche se sfornano vignette empie e rivoltanti, piene di sesso, preti, papi e imam, anche se ridono dei morti e sghignazzano sulle vittime dei terremoti e tutto quanto di più disturbante ci possa venire in mente e bla bla bla?

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