Pietro Nenni, storico leader del Partito Socialista, diceva che «Un puro trova sempre uno più puro che lo epura». Nel caso della saga del Movimento Cinque Stelle, viene da chiedersi se, questa volta, non sia stato il meno puro a epurare il puro. Tutto questo avviene nel contesto di una forza che, nata per essere alfiere dell’antipolitica per eccellenza, ha finito per accucciarsi, sotto la guida di Giuseppe Conte, l’”avvocato del popolo”, tra le braccia del “mostro” sistema. Un percorso culminato con il “parricidio” ai danni di Beppe Grillo, il comico prestato alla politica e ora, forse, restituito al mittente, salvo eventuali e non improbabili colpi di coda.
Oltre al fondatore, l’assemblea pentastellata ha mandato in soffitta anche il limite di due mandati per i parlamentari, un segnale inequivocabile di attaccamento a potere e poltrone. E pazienza se il Parlamento ha resistito al tentativo di aprirlo come una scatoletta di tonno. Viene da chiedersi se, oggi, il Movimento proporrebbe ancora il dimezzamento dei seggi alla Camera e al Senato, una delle sue battaglie riuscite, accanto a quella del bonus 110%, i cui effetti stiamo pagando pesantemente anche nella manovra di governo.
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