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Martedì 11 Marzo 2025
Piazza: «Comuni e partecipate,
è arrivato il tempo di cambiare strategie»
Intervista al sottosegretario di Regione Lombardia: «Per Lario Reti e Silea attendiamo i rinnovi dei cda ma poi torniamo a parlare di fusione»
Lecco
Un modello in cui gli enti locali (Comuni in primis) cedono i propri asset, generando economie di scala in termini di appalti generali ed efficienza di servizi. É la riflessione lanciata dal sottosegretario Mauro Piazza, prendendo spunto dal Consorzio del Cremasco, ospite a Lecco nei giorni scorsi. Non solo. Secondo l’esponente leghista, sarebbe auspicabile tornare a ragionare sulla fusione tra Lario Reti e Silea, affidando mission chiare ai cda in fase di rinnovo e varando un modello in cui i dividendi possano entrare in un “tesoretto comune” del territorio.
L’incontro della scorsa settimana era dedicato alla presentazione di un modello funzionale nato nel perimetro delle società pubbliche. Qual era l’idea di fondo? «Si tratta di un modello adottato dai Comuni del Cremasco, che hanno ceduto alcuni asset di rilevanza industriale, generando un fondo economico e dando vita a un Consorzio di Comuni. Questo consente loro di affrontare le difficoltà tipiche dei piccoli enti pubblici, garantendo maggiore efficienza nei servizi, dalla gestione degli uffici tecnici del Suap alla polizia municipale. Il modello offre la flessibilità di un’azienda speciale, con più elasticità nelle assunzioni e una maggiore capacità di intercettare fondi pubblici e bandi regionali ed europei».
Un’esperienza si inserisce nel contesto più ampio delle fusioni e unioni di Comuni. «L’idea alla base di questa esperienza è una risposta concreta alle difficoltà degli enti locali, che vedono diminuire il numero dei dipendenti pubblici e delle competenze interne. Spesso, ad esempio, i segretari comunali operano a scavalco su più enti. Invece di cambiare l’intelaiatura istituzionale, si possono mettere insieme le funzioni tecniche, mantenendo l’identità amministrativa dei singoli Comuni ma garantendo maggiore efficienza».
Qual è la declinazione che se ne può trarre per le società pubbliche del nostro territorio? «Bisogna considerare che le nostre società pubbliche non sono prive di asset industriali, anzi. Abbiamo un ciclo integrato di rifiuti e uno idrico, e negli ultimi anni si è discusso della fusione tra Silea e Lario Reti, della creazione di una holding e di altri modelli di aggregazione. Questo incontro voleva essere uno stimolo per ragionare sul futuro delle nostre società pubbliche, anche alla luce del rinnovo delle governance. Non dobbiamo limitarci a decidere chi gestirà queste realtà, ma anche quale sarà la loro missione e il loro ruolo nel sostenere i Comuni. Le nostre società sono solide dal punto di vista patrimoniale, offrono servizi con tariffe competitive e di qualità, e supportano i Comuni. Ma è necessario un pensiero più ampio: ridefinire i perimetri azionari, valutare nuove collaborazioni e dare una mission chiara ai futuri consigli di amministrazione».
I Sindaci spesso sono restii a rinunciare ai dividendi delle società pubbliche. «Questo è un punto centrale. I sindaci sono comprensibilmente legati ai dividendi, ma forse vale la pena riflettere su un sistema più strategico. Abbassare la quota individuale di gestione può consentire di ragionare in termini di sistema e di territorio. Un esempio positivo è la fusione che ha portato a Lario Reti, un’operazione complessa che ha incontrato resistenze trasversali, ma che alla fine è stata realizzata con successo. Anche il fondo Lario Reti, promosso con Virginio Brivio e la Fondazione Comunitaria del Lecchese è un buon esempio: i fondi non sono stati ripartiti proporzionalmente tra i Comuni in base alla loro quota di partecipazione, ma sono stati destinati a progetti di interesse territoriale. Serve il coraggio di uscire dalla comfort zone e ampliare il ragionamento. Le società pubbliche (che, lo ribadisco, già oggi già oggi hanno ottimi amministratori) devono essere strumenti di supporto per gli enti locali, e la Provincia potrebbe giocare un ruolo attivo in questo processo. Un tema è ad esempio la gestione dello Sportello Unico per le Attività Produttive (Suap): avere un unico referente per determinate pratiche, invece di 40 modelli differenti, migliorerebbe la competitività del territorio».
Dopodiché, però, ogni territorio ha le sue peculiarità, anche morfologiche. Il nostro, probabilmente, si presta meno di altri a un’unitarietà di intenti. «Non si tratta di copiare un modello, ma di trarne spunti utili. Il nostro territorio ha caratteristiche diverse, ma ha una Provincia che può fungere da coordinatore tra le varie realtà locali. Inoltre, il problema della gestione amministrativa non riguarda solo i piccoli Comuni delle aree interne, ma anche quelli della Brianza, che soffrono per la carenza di personale qualificato. Bisognerebbe creare un soggetto che conosca il territorio e che possa supportare i Comuni senza sostituirsi a loro. Oggi molta energia viene spesa nel presidio della macchina amministrativa, a discapito della visione politica. Affidare una parte della gestione tecnica a una struttura dedicata permetterebbe ai sindaci di ritrovare la pienezza della loro funzione politica».
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