Cronaca / Valsassina
Sabato 25 Luglio 2015
Emergenza profughi
Nel Lecchese sono già 500
A Cremeno, Esino e Ballabio i numeri più alti. Ma così crescono malumori e insofferenza tra i residenti. Il prefetto Baccari: «Vanno sveltite le operazioni burocratiche. I sindaci però li possono utilizzare per i lavori»
Il numero complessivo dei profughi ospitati sul nostro territorio provinciale è di circa 500 persone. Una marea di disperati, esattamente 492, distribuiti ormai in tutto il territorio dalla Valsassina alla Brianza meratese fino all’Alto Lago. Si fa fatica ad accoglierli tutti e i problemi, come si è visto a Cremeno e ad Annone, non mancano. Stiamo parlando di persone alla ricerca di un futuro, che hanno rischiato il tutto per tutto per essere qui e ora non si vogliono fermare a un passo dal coronamento di un sogno: una vita senza più angoscia o almeno con una sorta di speranza.
La cartina
La cartina dei profughi in provincia fornita dalla Prefettura è molto particolareggiata: ad Airuno 32, a Barzio sono 16, a Ballabio 39, a Bellano 16, a Calco 15, a Cremeno 121, a Casatenovo 4, a Calolziocorte 11, a Colico 25, a Esino Lario 41, a Galbiate 5, a Lecco 103 (6, 17 e 5 in strutture ricettive e i 75 dell’Hub), a La Valletta Brianza 12, a Olginate 19, a Rogeno 15, a Sueglio 12, a Vercurago 9, a Valmadrera 5. Spiccano il centinaio di profughi di Cremeno e di Lecco. Tanti per Lecco e moltissimi per la piccola Cremeno.
Ma il prefetto Liliana Baccari getta acqua sul fuoco. «Si aspettavano di andare via prima. Purtroppo le commissioni territoriali sono oberate di lavoro e gli sbarchi sono sempre di più. Le commissioni sono state raddoppiate, ma quelle sono: venti commissioni territoriali e venti provinciali in base al decreto di costituzione con personale anche dell’Acnur (l’organismo delle Nazioni Unite che protegge i diritti dei rifugiati, l’Unhcr per intenderci n.d.r.) e non solo della Prefettura. Ma il lavoro è davvero immane e non si riesce a stare dietro al ritmo degli arrivi».
Soluzioni non semplici
Il prefetto riflette su una situazione burocratica che non trova soluzioni semplici e immediate.
«Le commissioni purtroppo non riescono a smaltire questo numero di pratiche che sono diventate centinaia sul territorio e i tempi si sono un po’ allungati sulla media, non già brevissima, di attesa. I profughi poi si lamentano anche dell’inattività».
Su questo, però, si potrebbe intervenire: «Molti sindaci sono molto più bravi, insomma, di altri nel coinvolgere i profughi sul territorio. E gli ospiti sono ben contenti di poter fare qualcosa piuttosto che stare fermi dentro la struttura ricettiva. Non ci sono quei problemi assicurativi dei quali ho sentito parlare: loro potrebbero dare una mano alla collettività. Un mese di inattività si può sopportare, ma un anno o di più senza far nulla, non è possibile».
Gli esperimenti fatti finora sembrano essere positivi: «I sindaci che hanno utilizzato questa forza lavoro sono tutti soddisfatti. E soddisfatti sono anche i lavoratori stranieri. È ovvio che quando ci sono concentrazioni più grandi in un solo luogo, diventa difficile impiegarli. Se ci mettessero più strutture a disposizione riusciremmo a fare di più e meglio. Se non ne abbiamo, invece, dobbiamo concentrarli senza poterli dislocare meglio sul territorio. Purtroppo».
Le proposte
Il prefetto Baccari, insomma, è convinta che la soluzione dei problemi si declini in tre modi: maggior celerità nel trattamento burocratico delle richieste di asilo, miglior dislocazione (e dunque maggior offerta di strutture ricettive) sul territorio dei profughi, impiego dei profughi in attività utili anche alla collettività che li ospita.
«Le richieste finora fatte dai profughi sono ragionevoli, nel senso che vorrebbero poter fare qualcosa e ottenere risposte più celeri. Ma tutti i problemi li dovremmo e potremmo affrontare meglio. Si potrebbe fare solamente se ricevessimo maggiori disponibilità da parte dei Comuni in merito alle strutture…».
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