Droga in Valsassina, tre patteggiano la pena

Valsassina Tra i 2 anni e 8 mesi e i 4 anni, l’operazione antidroga della Questura era scattata a marzo. Il pubblico ministero ha chiesto il giudizio immediato. Gli altri due imputati saranno giudicati in dibattimento

Tre patteggiamenti, tra i 2 anni e 8 mesi e i 4 anni, e altri due imputati che invece hanno optato per il rito ordinario. La pena è stata applicata dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Lecco Salvatore Catalano, dopo l’accordo tra la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Chiara Stoppioni.

È sbarcata a Palazzo di Giustizia l’inchiesta “Drug Valley”, ossia valle della droga, l’operazione della Squadra Mobile della Questura di Lecco, coordinata dalla Procura della Repubblica, nell’ambito della quale, a marzo, erano state eseguite quattro delle cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettante persone residenti in Valsassina.

Smantellata un’organizzazione dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, segnatamente cocaina e hascisc: nell’arco dei due anni di indagine, ne sarebbero state smerciate 21mila dosi, per un guadagno complessivo di un milione di euro. Un traffico gestito da italiani e albanesi, che avrebbero rifornito l’intera Valle in modalità esclusiva.

Con metodi che il procuratore della Repubblica, Ezio Domenico Basso, non aveva esitato a definire «minacciosi», tant’è che, proprio in virtù di queste modalità, gli acquirenti - ne è stata sentita una settantina nel corso degli interrogatori degli investigatori, altri, «spaventati», si sarebbero trincerati dietro il silenzio più assoluto, rimediando l’accusa di favoreggiamento - sarebbero arrivati a vendere casa o a rendersi disponibili per un falso matrimonio. Da qui, anche le imputazioni di minacce aggravate ed estorsione in capo, a vario titolo, agli indagati.

Le porte della casa circondariale di Pescarenico si erano aperte per Antonio Reatti, classe 1966; Stefano Invernizzi, nato nel 1976; Saimir Bengu, 1982; Arlind Kalaja, classe 1986. Un quinto indagato era stato rintracciato più avanti.

Comparsi davanti al gup Catalano, Invernizzi ha patteggiato 4 anni, Reatti 3 anni e 6 mesi, Kalaja 2 anni e 8 mesi. A tutti e tre - la Procura aveva chiesto il giudizio immediato - è stata revocata la misura restrittiva degli arresti domiciliari. Bengu e il quinto imputato hanno invece optato per il rito ordinario.

Nel corso delle perquisizioni domiciliari, a marzo, nell’abitazione di Reatti i cani antidroga avevano fiutato la presenza di sostanza stupefacente: occultati in un magazzino, in mezzo a materiale da lavoro, sono stati rinvenuti otto panetti di hascisc, per i quali si è proceduto a una seconda contestazione. Nell’abitazione di uno dei due arrestati di origine albanese, invece, ne erano stati sequestrati tre, il cui possesso è stato però imputato al figlio minorenne, pure finito in manette: nei suoi confronti procede la Procura presso il Tribunale per i minorenni di Milano.

La cessione delle dosi sarebbe avvenuta, stando alle risultanze investigative, in locali pubblici della Valsassina così come - perfino - in rifugi ad alta quota. Non sarebbero stati fissati veri e propri appuntamenti: gli acquirenti avrebbero saputo a chi rivolgersi, incontrandosi con i venditori «per una birretta».

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