Cronaca / Oggiono e Brianza
Sabato 18 Agosto 2018
Rumore, Capsol chiede più tempo
No del Comune e ricorso al Tar
Bulciago, negata la proroga alla società per mettere in atto il piano acustico
L’ufficio tecnico: «L’azienda ha dichiarato di non voler realizzare il progetto»
Colpo di scena nella vicenda della ditta “Capsol”, che sembrava finita in gloria un anno fa quasi esatto, con la conclusione positiva della conferenza dei servizi (cioè, il tavolo di tutti gli enti competenti): in quella sede, si stabilì che l’azienda poteva restare dov’è, cioè nell’area produttiva “Gambaione”, a determinate condizioni; ora, Comune e “Capsol” finiscono, invece, in tribunale.
L’azienda ha presentato una richiesta di proroga per l’esecuzione dei lavori di bonifica, richiesti in seguito alla conferenza dei servizi stessa; la domanda, però, è stata respinta dal Comune: per il responsabile dell’ufficio tecnico, «mancano i presupposti, dato che la ditta ha dichiarato di non voler realizzare il progetto di mitigazione acustica approvato dall’agenzia regionale per l’ambiente Arpa, disciplinato secondo le prescrizioni impartite proprio dalla conferenza dei servizi». La “Capsol”, quindi, attraverso l’amministratore delegato Ivan Rovelli, trascina davanti al Tar il Comune e la Provincia, chiedendo la sospensione e, poi, l’annullamento del provvedimento col quale viene negata la proroga.
Le lancette tornano indietro di un anno, a quando la conferenza degli enti (convocata in forma “asincrona”, cioè raccogliendo i pareri scritti) aveva detto sì alla sopravvivenza della “Capsol” nell’area: l’Arpa si era concentrata però sui rumori, prescrivendo un «piano di mitigazione acustica»; l’Ats aveva dato parere favorevole, anch’essa con alcune prescrizioni.
La ditta si occupa di stampaggio a caldo e, secondo la normativa (sia pure un regio decreto del 1930) rientra in classe A: la vicenda ha avuto inizio nell’agosto del 2012, con l’avvio del procedimento per presunte violazioni delle norme urbanistiche: a settembre era seguita una istanza di sospensione ed era cominciata la «valutazione dell’effettiva pericolosità e nocività delle lavorazioni svolte»; risaliva al 2013, d’altronde, la seduta del consiglio comunale nella quale l’allora sindaco Egidia Beretta aveva riferito: «Dopo vari adeguamenti impiantistici e strutturali, secondo noi, la ditta non è una minaccia ma, ufficialmente, non rientra tra le produzioni ammesse nell’area “Gambaione”, in base ai patti convenzionali. Di norma, sono insalubri di prima classe le aziende che emettono vapori, gas o altre esalazioni insalubri, pericolose per la salute umana. Occorre nominare un consulente esperto e, inizialmente, doveva pagarlo la “Capsol”, ma s’è tirata indietro».
Come la “Capsol” ha potuto insediarsi dov’è? Sempre secondo il Comune «ha presentato la documentazione alcuni mesi dopo l’insediamento, dichiarando di produrre in seconda classe d’insalubrità: la prassi è oggi l’autocertificazione, che ovviamente dovrebbe essere veritiera; in seguito, l’azienda ha attribuito ai propri consulenti la responsabilità e sembra sia entrata in contenzioso. A scoprire che è insalubre di prima categoria è stata Arpa, proprio a causa del rumore; per l’inquinamento, la ditta si è poi dotata di abbattitori».
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