Cronaca / Oggiono e Brianza
Domenica 24 Maggio 2020
Lecco. «Abbiamo oneri aggiuntivi
Mentre i ricavi sono in calo»
La Tmc di Cesana, Barbara Mauri: «In tre mesi abbiamo speso circa 10mila euro per l’applicazione dei protocolli di sicurezza»
«In tre mesi abbiamo speso circa 10mila euro per l’applicazione dei protocolli di sicurezza, a fronte di prezzi inizialmente impossibili e ora per fortuna un po’ rientrati», afferma Barbara Mauri, figlia del titolare Andrea Mauri che ha fondato l’azienda cinquant’anni fa. I costi della crisi da coronavirus sono stati importanti per la Tmc di Cesana Brianza, impresa con 22 dipendenti specializzata in pezzi meccanici ad alta precisione per l’industria degli elettroutensili e per l’automotive, con mercato totalmente estero.
«Saranno costi duraturi – aggiunge Mauri –, che su una piccola impresa si fanno sentire, ma senz’altro comprendiamo le ragioni della prevenzione. Non vorremmo però avere tutte le difficoltà di questo periodo nel trovare guanti monouso e alcol, praticamente spariti dal mercato. Siamo stati previdenti, avevamo fatto scorte ancor prima che uscissero i protocolli obbligatori, così come ci siamo ritrovati già attrezzati sulle distanze di sicurezza dal momento che ognuno dei nostri addetti opera già su una propria macchina a debita distanza dalle altre, tutte sanificate a inizio e fine turno».
A parte i pochi giorni di chiusura dal 25 marzo al 6 aprile, senza bisogno di aumentare i turni visto che le distanze erano assicurate, l’attività è ripresa con una delle tante comunicazioni al prefetto che di fatto in tutt’Italia hanno costituito un’enorme deroga al lockdown. «Recupereremo in parte i costi di sanificazione col credito d’imposta – aggiunge Mauri -, mentre non sappiamo ancora se abbiano avuto successo o meno i bandi di contributo a cui abbiamo partecipato per abbattere le spese».
Il “costo” più importante rimane quello della perdita di fatturato, stimato sull’intero 2020 intorno al 20-25% e che si è fatto sentire pesantemente con un crollo del 50% sia in aprile che in maggio.
Gli ordini non mancano, ma i fornitori, che sono stati chiusi per quasi due mesi, rallentano le consegne, quindi manca il materiale per terminare le lavorazioni. «I nostri pezzi sono destinati ai forni per essere trattati, e i forni hanno una capacità definita, più di tanto non possono fare. Serve aspettare, ma a nostra volta così siamo in ritardo sulle consegne all’estero. Soffriremo ancora per un po’. Quel che è perso è perso ma il futuro preoccupa per il rallentamento generale che vediamo in questi cicli economici ormai ridotti ciascuno a pochi mesi».
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