Sospensione del reparto di semi-intensiva pneumologica a Merate, crescono i timori

La lettera della mamma di un malato a nome dei parenti dei pazienti per cui quel reparto era stato pensato e poi realizzato. La paura è che lo stop all’attività diventi permanente

Sta suscitando preoccupazione l’improvvisa decisione dell’Inrca di sospendere l’attività del reparto di semi-intensiva pneumologica, allestito nelle corsie dell’ospedale San Leopoldo Mandic. A cominciare dai parenti dei pazienti per cui quel reparto era stato pensato e poi realizzato.

«Una certezza avevo nella mia vita: che in caso di emergenza sanitaria avrei portato i miei figli a Merate al reparto di acuzie respiratorie per malati neuro-muscolari», scrive una mamma. «Sapevamo che se avessimo avuto bisogno saremmo stati accolti al Mandic di Merate. Bene da oggi stop».

Dall’altro giorno, causa mancanza di infermieri, l’attività è stata «temporaneamente» (ma non si sa quanto a lungo) sospesa. «Da oggi - prosegue la madre - se mio figlio sta male devo solo sperare che il medico del pronto soccorso mi ascolti e non segua le procedure standard ma quelle dell’emergency card per malati neuro-muscolari, di cui i miei figli hanno sempre una copia nella tasca della carrozzina. Devo sperare che non li lascino soli. E che il medico abbia il tempo di leggersi le linee guida per questo tipo di pazienti. E che dia le istruzioni giuste a un personale che per caso abbia già avuto in cura un paziente simile e sappia come attuarle».

Fino all’altro giorno, genitori come la mamma che ci ha contattato, potevano contare su «un posto dove andare, dove medici e infermieri conoscevano i nostri figli, se non per nome per storia clinica». Ora, invece, «quel posto non c’è più». E così, per una questione risolvibile forse diversamente, sono stati vanificati «gli sforzi di due anni per trovare un primario esperto e volonteroso che potesse accettarli nel suo reparto, redigere accordi con Ats, trovare posti letto». Tempo perso. Per tutti. «I medici avrebbero avuto più tempo per i loro pazienti, il personale amministrativo avrebbe potuto smaltire qualche altra pratica, l’associazioni dei malati avrebbero potuto perseguire altri obiettivi e i volontari e i donatori avrebbero potuto dedicarsi a qualcosa che non si fosse rivelato un fragile castello di carte».

Tutto per colpa di una scelta organizzativa che ha conseguenze pesantissime per tante famiglie. E così, conclude amaramente la mamma, «ricomincia il peregrinare, l’aggiornare la chiavetta con gli ultimi referti medici da tenersi sempre in borsa, pronta per accompagnare i figli in non-si-sa-quale pronto soccorso. Sono arrabbiata, delusa e amareggiata e i miei figli spaventati, preoccupati, ulteriormente appesantiti da questo nuovo fardello».

© RIPRODUZIONE RISERVATA