Retesalute: Ronchi, Milani, Perego e Salvioni dovranno in tutto 105mila euro

La Corte dei Conti ha stabilito che i quattro citati debbano 26mila euro a testa. La cifra complessiva è infatti scesa dai 4 milioni iniziali a 105mila euro. Corbetta: «Riconosciuto che non c’è stato uno sperpero di risorse pubbliche»

Non 4 milioni di euro ma soltanto 105 mila euro. È quanto, in base a quanto stabilito dalla Corte dei Conti, Anna Ronchi, Simona Milani, Giovanni Perego e Alessandro Salvioni dovranno rifondere a Retesalute. Un risultato ben diverso da quello atteso. Alla prima, responsabile del settore amministrativo, si chiedevano danni per 879 mila euro. Altri 439 mila euro ciascuno erano invece chiesti all’ex direttore Simona Milani, all’ex revisore Giovanni Perego e all’ex presidente del CdA Alessandro Salvioni.

Anzitutto, la Corte dei Conti ha distinto tra il danno erariale vero e proprio e le spese sostenute dall’azienda per la messa in liquidazione, il ritorno in bonis e tutto il resto. Il supposto danno erariale è stato calcolato in 3.484.370,55 euro. Solo metà di tale cifra, tuttavia, secondo la Corte dei Conti, potrebbe essere imputabile agli imputati, riducendosi quindi a 1.742.685,28 euro. In più parti della sentenza, si sottolinea come il «disavanzo» sia «riconducibile esclusivamente alla mancata copertura di costi di gestione corrente e di funzionamento dell’azienda speciale, derivata dall’insufficienza dei contributi». Più avanti si ripete che le perdite sono «ascrivibili alla inadeguatezza dell’importo dei contributi di funzionamento». E arriva quindi a concludere che «l’ipotesi di responsabilità erariale...sia destituita di fondamento».

Resterebbero i 457 mila euro spesi dai Comuni soci per tutte la azioni necessarie a aggiustare il bilancio, procedere con la liquidazione e il ritorno in bonis. Per la Corte dei Conti, solo parte della cifra è imputabile direttamente ai quattro citati. Stando ai calcoli, Ronchi, Milani, Perego e Salvioni dovrebbero rispondere soltanto di 210.731,34 euro. Anche in questo caso, tuttavia, c’è la corresponsabilità dei Comuni, che dimezza la cifra, portandola a 105.365,67. Cifra che i quattro dovranno corrispondere in misura uguale, quindi versando alle casse di Retesalute circa 26 mila euro.

«Grazie a questa sentenza della Corte dei Conti - il commento di Roberto Corbetta, attuale presidente del consiglio di amministrazione di Retesalute - si chiarisce una volta per tutte che la somma di 3,5 milioni non è da ascrivere a danno erariale. Non c’è quindi stato uno sperpero di risorse pubbliche. Semplicemente, i Comuni non hanno pagato allora quello che dovevano pagare per i servizi erogati ma lo hanno fatto successivamente. Inoltre - continua Corbetta - è stato anche precisato che non ci sono stati episodi di “mala gestio”. Non c’è insomma stata nessuna impennata dei costi». Corbetta evidenzia comunque che «restano i danni collaterali causati dalla tenuta del bilancio, pari a 450 mila euro. La Corte dei Conti ha riconosciuto che parte di questi costi sono riconducibili ai quattro convenuti. Ci saremmo aspettati il riconoscimento di una somma maggiore rispetto a quella quantificata. Ora però la vicenda è finalmente chiusa».

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