Paderno: non si ferma la petizione per la riapertura dell’alzaia dell’Adda e dello Stallazzo

Lanciata una settimana fa, ha raggiunto le 2500 firme ma l’obiettivo è di raddoppiare.

Non si ferma la petizione per la riapertura dell’alzaia dell’Adda e dello Stallazzo a Paderno d’Adda. Lanciata una settimana fa, ha raggiunto le 2500 firme ma l’obiettivo è di raddoppiare. «Voglio ringraziare tutti per il grande sostegno alla causa dello Stallazzo e alla richiesta di rimozione della frana lungo l’alzaia dell’Adda – commenta il direttore della cooperativa Solleva, Luigi Gasparini -. Un traguardo importante raggiunto in pochi giorni, segno dell’affetto e della considerazione che ci vengono riservati. Complessivamente, considerando anche le firme cartacee, oggi siamo già sopra 2500, ma vorremmo provare a raddoppiare. Coraggio amici, aiutateci a divulgare, il traguardo è vicino e nelle ultime ore abbiamo registrato segnali positivi dalle Istituzioni. Insieme ce la faremo e lo Stallazzo tornerà ad essere il luogo di pace e condivisione che tutti conosciamo».

Come si ricorderà, domenica scorsa il ristoro ha chiuso definitivamente i battenti messo in crisi dalla mancanza di avventori, bloccati dalla frana che lo scorso 16 maggio era avvenuta nella zona della Conca Madre, a sud, nel territorio di Cornate d’Adda. La petizione su change.org è stata lanciata per far pressione sulla Regione Lombardia perché metta mano al più presto alla frana o quanto meno costruisca una passerella pedonale e ciclabile che la superi, ancorandola al muro dell’alzaia, così che la prossima primavera possa riprendere il transito e l’attività del ristoro.

Sono stati i conti economici sempre più problematici a spingere la cooperativa a questa decisione, che ha spiegato nella lettera inviata al Parco Adda Nord nei giorni scorsi: «Negli ultimi mesi lo Stallazzo riceve introiti molto ridotti e specificatamente in questo mese di novembre l’incasso complessivo mensile sarà probabilmente inferiore a 1500 euro. Considerando che le spese mensili energetiche assommano mediamente a 450 euro e la spesa per gli acquisti delle derrate alimentari è di circa 500 euro, sommando anche i costi per le bombole gas e altre voci minori, resta ben poco da dividere. Impossibile pensare di prendere in carico il lavoratore che ha un costo aziendale di 2500-3000 euro. Abbiamo subito chiesto la disponibilità di cooperative sorelle per farsi carico del lavoratore, ma è impensabile poter risolvere nell’immediato. L’unica possibilità rimasta è “chiudere” per non compromettere l’intero assetto della cooperativa Ringraziamo tutti coloro che in questi mesi ci sono stati vicini, sostenendo nella concretezza quotidiana le nostre attività»

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