Osnago, nessun colpevole per Nicola

Assolto il presidente della scuola di volo

Il diciottenne era ai comandi dell’ultraleggero che il 14 aprile del 2017 si è schiantato

Secondo il giudice di Cremona «il fatto non sussiste». Niente irregolarità da parte del club

Osnago

Nessun colpevole per la morte di Nicola. L’allora presidente e direttore della scuola di volo dell’Associazione sportiva Country Club di Dovera (a pochi chilometri da Crema), Alberto Frigerio, è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di duplice omicidio colposo in relazione alla morte nella caduta di un aereo ultraleggero dell’osnaghese Nicola Beretta, 18 anni, che era ai comandi, e di Rodolfo Frigerio, 27, figlio del presidente stesso, che si erano schiantati la mattina del 14 aprile 2017 nell’aia della cascina Molino Rizzi, a Barbuzzera, frazione di Dovera, a circa 700 metri a sud dalla pista della scuola di volo.

La lunga inchiesta

Il processo è stato celebrato in Tribunale a Cremona, con otto udienze e decine di testimoni, davanti al giudice Francesco Beraglia, in ruolo monocratico. Chiusa l’istruttoria dibattimentale, il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a quattro anni di reclusione. Secondo il capo d’imputazione, Rodolfo Frigerio si sarebbe proposto come istruttore di volo senza avere la necessaria abilitazione, a fianco di Beretta che aveva all’attivo solo 20 ore di pilotaggio, e a scopo di esercitazione gli avrebbe fatto fare una manovra “a cappio” che aveva determinato la perdita di controllo del velivolo Tecnam P92, precipitato in picchiata.

Ricostruzione che il difensore dell’imputato, l’avvocato Daniele Sussmann di Milano, ha confutato punto per punto, chiamando come consulenti due comandanti d’aereo, Stefano Benassi, ispettore Faa, e Stefano Patacca, istruttore a Dovera, che hanno escluso che la manovra “a cappio”, chiamata dai piloti “virata dell’uomo morto”, venga proposta con gli ultraleggeri e men che meno ai circa 300 metri di quota a cui stavano volando i due ragazzi.

Difetto dell’elica

Secondo la difesa, anche per il fatto che vari testimoni sentirono un “fuorigiri” del motore, l’ipotesi più probabile della tragedia sarebbe stato un difetto del passo variabile dell’elica, che all’improvviso avrebbe fatto perdere spinta, e quindi velocità, determinando lo stallo. Il presidente, assente quella mattina, non poteva rispondere del fatto che il neopilota diciottenne avesse impropriamente deciso di portare al suo fianco un passeggero, che nel processo è emerso non si faceva qualificare come istruttore. Inoltre, pur a fronte di diversi rilievi e suggerimenti di sicurezza nella relazione d’indagine Ansv, la difesa ha sottolineato come non fossero emerse irregolarità nella gestione dell’ultraleggero di proprietà del club.

Già annunciato il ricorso in Appello.

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