Cronaca / Lecco città
Sabato 14 Dicembre 2024
Vent’anni fa l’arresto dell’infermiera Caleffi
«Cambiata dal carcere»
Una puntata speciale di “Le opere e i giorni” ha ricostruito la vicenda. Ospite l’avvocato Claudio Rea. La trasmissione di Unica Tv è disponibile in streaming su questo sito web nella sezione “Unica Tv”
«Sicuramente è cambiata negli anni. Soprattutto la costanza delle cure psicologiche e farmacologiche ha fatto tantissimo. Che abbia compreso esattamente il disvalore delle sue azioni, qualche dubbio ce l’ho perché fa parte del suo disturbo della personalità. Ma ora è molto tempo che non ho più contatti». Con queste parole dell’avvocato Claudio Rea si è concluso lo speciale che ieri sera Unica Tv ha dedicato alla storia di Sonya Caleffi, l’infermiera dell’ospedale di Lecco, arrestata esattamente vent’anni fa con l’accusa di omicidio plurimo-aggravato. La donna, all’epoca 34 anni di età e residente a Tavernerio, passata alle cronache con il soprannome di “infermiera killer” confessò di aver ucciso cinque persone inoculando loro aria nelle arterie.
Lo speciale (lo si può rivedere in streaming su questo sito web nella sezione Unica Tv) è stato condotto dalla giornalista Barbara Gerosa con in studio, oltre allo stesso Rea, legale di Caleffi insieme a Rosanna Pontieri e a Renato Papa, la cronista de La Provincia di Lecco, Antonella Crippa. L’arresto avvenne nella notte fra il 14 e il 15 dicembre 2004: «Fui convocato in caserma in quanto avvocato d’ufficio. Il sostituto procuratore Luca Masini mi parlò di 18 morti sospette. Sonya Caleffi doveva essere interrogata con l’avvocato dopo aver già confessato alcune morti al maresciallo. Era una donna spaurita, che non sapeva bene cosa le stava accadendo intorno. Mi confermò che voleva confermare le sue responsabilità. Lasciandomi andare a un intuito decisi di farle rendere confessione. Con una visione a posteriori posso dire che è stata una scelta positiva per evitare, con le confessioni, anche non solo per quelle, l’ergastolo». Nella confessione spiegò come volesse indurre l’intervento «di medici che avessero bisogno di un’infermiera che passasse i farmaci giusti».Sonya Caleffi fu condannata a vent’anni di carcere: «Le sono state riconosciute le attenuanti generiche che l’hanno salvata dall’ergastolo. Non è stata riconosciuta l’incapacità di intendere e volere. Credo sia stato giusto, però è vero che aveva un fortissimo disturbo di personalità narcisistico che ha determinato gli agiti omicidiari. Da qui viene la pena di 20 anni in abbreviato. Ne ha trascorsi effettivamente solo 14 in carcere perché ha beneficiato di tre anni in condono più lo sconto di pena per la buona condotta. In carcere ha sempre lavorato. Ha anche usufruito di permessi per lavorare. Ora vive nell’hinterland milanese, dopo aver espiato la propria pena».
Durante la trasmissione è intervenuta in collegamento Ester Goggia, nipote di Maria Cristina, 99 anni di Dervio, l’ultima vittima accertata. «La nonna - questo il racconto - è stata portata in ospedale per qualche acciacco per stabilizzare i valori. Una situazione tranquilla. Il pronto soccorso ha deciso il ricovero. La Caleffi ebbe fin da subito un modo sgarbato di porsi. Mi sembrava che trattasse la nonna con troppa freddezza. Ricordo che ci fece uscire e chiuse la porta. All’improvviso uscì con una macchia di sangue sui pantaloni. Dopo un minuto è arrivato un medico. Ha visto la nonna e ci ha detto che era morta».
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