Cronaca / Lecco città
Martedì 02 Novembre 2021
Una pensione inferiore a mille euro
È la condizione di trentamila lecchesi
I dati dell’Inps sull’assegno di vecchiaia restituiscono una situazione difficile
Monteduro (Uil): «Sono numeri che riguardano soprattutto le donne, penalizzate dai salari»
Quasi trentamila pensionati lecchesi percepiscono meno di 1.000 euro al mese. Di questi, oltre il 70% sono donne, che scontano non solo il gap retributivo che ancora oggi si rileva, ma anche il maggiore impegno che viene loro richiesto in ambito familiare rispetto agli uomini, la cui strada professionale presenta generalmente meno ostacoli.
In un momento in cui la discussione è accesa rispetto al futuro delle pensioni, sia per chi il diritto l’ha già acquisito che per chi spera di riuscirci in un futuro più o meno lontano a seconda dei casi, analizzare la situazione previdenziale dei cittadini lecchesi ha un significato particolare, considerato che anche su questa base si dovrà costruire l’impostazione di domani.
Dunque, numeri alla mano (sito Inps, sezione osservatori statistici), i cittadini lecchesi che percepiscono la pensione di vecchiaia sono – dal settore privato – 73.850, sul totale di quasi 113mila assegni erogati mensilmente dall’Istituto, con un importo medio di 1.380 euro al mese. Di queste, il 40% (poco meno di 29.600) non raggiunge i 1.000 euro ma, dato ancora più rilevante, quasi 25mila (24.920) percepiscono meno di 750 euro, mentre oltre 11mila si devono accontentare di importi inferiore anche ai 500 euro, naturalmente parlando sempre di lordo. La fotografia, dunque, restituisce una condizione che, per un territorio ricco di lavoro come quello lecchese, è forse per certi versi sorprendente.
«Certamente vero – interviene il segretario generale della Uil del Lario, Salvatore Monteduro -, ma la spiegazione si ottiene analizzando il genere del pensionato. Se sul complesso delle 73.850 pensioni di vecchiaia le donne rappresentano il 49%, andando a restringere l’analisi sulla quota di ex lavoratrici che percepisce dall’Inps un assegno inferiore ai mille euro si supera il 70% (22.866, ndr.)».
Le ragioni, secondo Monteduro, sono evidenti. «La società ha sempre visto la donna principalmente impegnata in un ambito di cura della famiglia, ma a influire è anche il gap salariale, che insieme alla discontinuità lavorativa si riflette sulle pensioni. Accade anche in un territorio come quello lecchese, dove il mercato del lavoro è sempre stato proficuo. Il risultato è che in un nucleo familiare in cui ci si può basare su due pensioni le difficoltà possono essere contenute, ma in situazioni in cui uno dei coniugi è venuto a mancare, i problemi non mancano». Una situazione, questa, che «dovrebbe far aprire gli occhi rispetto alle condizioni future dei nostri giovani, che con le difficoltà attuali nell’entrare in un mondo del lavoro comunque precario vanno tutelati sul fronte previdenziale, con la previsione di una contribuzione figurativa a coprire i buchi contributivi legati alla discontinuità occupazionale o comunque con una pensione di garanzia, cercando di affrontare a monte il problema della precarizzazione dei rapporti di lavoro».
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