«Tifo violento e pizzo allo stadio? Niente di nuovo sotto il sole»

Oreste Bellinzona, gallerista famoso e ancor più noto tifoso interista, va a San Siro dal 1955, da quando aveva 11 anni. E racconta: «Allora si litigava perché uno ti apriva l’ombrello davanti e tu non ci vedevi. Volavano i cazzotti, al terzo “serra su l’umbrela” non rispettato. Però non c’erano affaristi, delinquenti, sfruttatori sugli spalti…».

Insomma, dell’inchiesta che rischia di stravolgere il calcio nerazzurro e rossonero, Bellinzona ne pensa tutto il male del mondo. «A Milano anche le bancarelle fuori dallo stadio secondo me devono pagare il pizzo ai tifosi. Per i parcheggi idem. E così via… Si sa che era una situazione endemica e non so perché venga fuori ora. Io è dal 2001 che vado allo stadio senza vedere poliziotti dentro San Siro. È ridicolo: avrebbero dovuto intervenire tanto tempo fa. Il problema è lo Stato che manca. Questa operazione avrebbe dovuto essere fatta trent’anni fa…». Bellinzona cita l’episodio della coppia, padre e figlio, allontanata (e il padre malmenato), dopo che avevano acquistato gli abbonamenti sbagliati, ovvero in una zona della Curva occupata dagli Ultras. «Ve lo ricordate quest’episodio, vero? Quel papà scrisse ai giornali, ma nessuno allora intervenne. Punto. Finito. È una cosa che dura da decenni… e nessuno ha mai detto nulla. Per questo dico ben vengano gli stadi di proprietà. Così ho la possibilità di far rispettare le regole con la mia vigilanza privata».

Ma gli steward? Quelli ci sono già. «Ma non contano niente. Allo stadio di San Siro non si può fumare. Ebbene? Fumano tutti. È zona franca non solo per gli Ultras, San Siro. I poliziotti o i politici vengano con me che gli faccio vedere come funzionano le cose. Io dal 2001 non ho più visto un poliziotto e di vigilanza privata non se ne vede l’ombra. La Curva? Zona franca: si sono avvicendati sindaci di tutte le compagini e tutti hanno fatto finta di non vedere… altro che le società. Il sindaco avrebbe dovuto semplicemente evidenziare i fatti e scrivere al prefetto». Bellinzona, alla vigilia di Inter-Stella Rossa di Champions, che guarderà dal suo solito posto in tribuna, conclude: «Non sono le società che devono sistemare le cose, ma lo Stato».

Gianluca “Cine” Corti, di contro, ex consigliere comunale, commentatore sportivo e tifoso del Milan, allo stadio Meazza ci è andato moltissime volte: «Fino a qualche tempo fa, non frequentavo abitualmente la Curva Sud però qualche volta ci andavo e conoscevo alcuni tifosi che ci andavano. Quella venuta a galla a Milano è una cosa che c’è dappertutto secondo me. Va sradicata perché genera solamente cattiva impressione su tutto il mondo della tifoseria che viene presa per un covo di delinquenti, cosa che non è. Sono abituato al tifo americano dove i tifosi si ritrovano fuori dallo stadio a mangiare insieme. In Italia, però, è diventato tutto troppo radicale. Mettere il pizzo sulle bibite, sui parcheggi... Ho sempre visto che c’era qualcosa che non andava”. Cine Corti una spiegazione se la dà: “I soldi intorno alla tifoseria girano per le coreografie costosissime che fanno. Però la speranza è che il clima si normalizzi, soprattutto dopo questo scossone. Sperando che abbia un effetto domino su tutte le altre tifoserie, affinché tutto si regolarizzi in Italia. Il tifo è la cosa che mi piace di più. Non sogno uno stadio silente, ma non si devono passare i limiti dello sfottò, dei cori, dei canti a squarciagola. La delinquenza deve stare fuori da San Siro e da ogni stadio».

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