Cronaca / Lecco città
Martedì 14 Febbraio 2017
Terrorismo, Moutaharrik e la moglie
condannati a 6 anni di carcere
Stamattina il gup di Milano Alessandra Simion ha emesso altre due condanne anche per gli altri due presunti terroristi a 6 e 3 anni e 4 mesi
Sei anni di carcere per Abderrahim Moutaharrik, il marocchino campione di kickboxing di Lecco finito in carcere nell’aprile dello scorso anno con l’accusa di terrorismo internazionale per presunti legami con l’ Isis, e 5 anni per sua moglie Salma Bencharki. Sono le condanne inflitte nel processo abbreviato dal gup di Milano Alessandra Simion, che ha emesso altre due condanne per altri due presunti terroristi a 6 e 3 anni e 4 mesi. Il giudice ha anche sospeso la potestà genitoriale di Moutaharrik e della moglie che hanno 2 figli.
Al termine del processo abbreviato, dunque, è stato confermato l’impianto accusatorio dei pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, del dipartimento antiterrorismo della Procura milanese guidato da Alberto Nobili, e sono stati condannati anche Abderrahmane Khachia (a 6 anni) - anche lui marocchino, residente in provincia di Varese, fratello di Oussama (giovane morto “martire” in Siria) e arrestato assieme alla coppia - e Wafa Koraichi (a 3 anni e 4 mesi), sorella di Mohamed Koraichi, marocchino che assieme alla moglie italiana, Alice Brignoli, tempo fa ha lasciato Bulciago, nel Lecchese, per unirsi alle milizie dell’Is portando anche i tre figli piccoli. Per Wafa che viveva a Baveno, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, nei giorni scorsi, il gup ha disposto gli arresti domiciliari, mentre gli altri tre imputati restano in carcere (i pm avevano chiesto 6 anni e mezzo di reclusione sia per Moutaharrik che per la moglie).
Moutaharrik, 28 anni, e la moglie, che vivevano a Lecco, stando alle indagini della Digos, vennero arrestati prima che potessero partire per unirsi all’Isis in Siria, portando con loro i due figli di 2 e 4 anni. Stando agli atti dell’inchiesta, Moutaharrik avrebbe ricevuto, ai primi di aprile dello scorso anno, un ordine direttamente dal Califfato con un messaggio WhatsApp: «Ascolta lo Sceicco, colpisci! (...) fai esplodere la tua cintura nelle folle dicendo ’Allah Akbar’». E alla richiesta di quella voce che, attraverso un «poema bomba», lo invitava a compiere un attentato in Italia, lui non avrebbe avuto intenzione di sottrarsi. Anzi, stando agli atti, Roma e il Vaticano erano tra i possibili obiettivi. «Giuro sarò io il primo ad attaccarli (...) in questa Italia crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l’attacco, nel Vaticano», diceva intercettato.
Gli investigatori, tra l’altro, hanno scoperto dopo l’arresto che il campione di kickboxing teneva nascosto sotto il letto un “pugnale da combattimento» simile a quello utilizzato per lo “sgozzamento» di un «infedele» da parte dell’Isis e ripreso in un video. «Vedendo le immagini dei bambini martoriati volevo andare in Siria ad aiutare la popolazione», aveva detto Moutaharrik, lo scorso 2 maggio, per difendersi nell’interrogatorio di garanzia, spiegando poi anche ai giudici del Riesame che quelle intercettate erano soltanto «parole» e lui non aveva intenzione di compiere attentati.
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