«Sì, adesso possiamo dire che è iniziata
la ripresa»
Lorenzo Riva, presidente di Confindustria: «Bisogna ricominciare ad aver fiducia. I numeri sono incoraggianti anche se la crescita è a macchia di leopardo, l’impegno dell’imprenditore deve essere basato su quel tipo di coraggio».
C’è chi dice che è sbagliato parlare di ripresa, perché se si guarda al complesso dei dati il quadro è ancora molto grigio. Ma ci sono anche segnali confortanti, molto più di quelli osservati negli anni precedenti, e il presidente di Confindustria Lecco Sondrio Lorenzo Riva, titolare dell’impresa metalmeccanica Electro Adda di Beverate di Brivio, non ha dubbi: «Finalmente i numeri sono incoraggianti».
Presidente, da anni si dice che siamo in fondo al tunnel. Ma la luce, purtroppo, non la si era ancora vista. Questa è la volta buona?
I dati sicuramente sono confortanti. È inutile nascondersi dietro a un’evidenza. Bisogna anche ricominciare ad avere fiducia e coraggio. Stavolta guardiamo al bicchiere mezzo pieno. La ripresa c’è, anche se non totale e a macchia di leopardo. I segnali positivi ci sono, dobbiamo crederci e cavalcarli con volontà e con forza. L’impegno dell’imprenditore deve essere basato su quel coraggio non più difensivo di questi lunghissimi dieci anni, ma su un approccio costruttivo. Questo è il momento di tirare fuori la voglia di riassumere, investire e andare avanti sul quello che è il nostro Dna. Anche se la nuova fase non è completa, anche se ci sono ancora dei punti di leggera sofferenza, sono convinto che l’economia ripartirà.
In questi dieci anni il mondo è cambiato e siamo nel pieno di una nuova rivoluzione industriale, quella della digitalizzazione. Come si affrontano le sfide di questo periodo?
Sono necessarie delle leggi come quelle che sta proponendo il ministro Calenda per un piano industriale che segni lo sviluppo del Paese. Serve, ad esempio, l’allungamento dell’iperammortamento, che deve essere più lungo possibile. Questo aiuterebbe le imprese ad avere un margine di tempo più lungo e più possibilità di organizzarsi con i giusti investimenti.
Se parliamo di occupazione l’Italia, secondo la Bce tra i Paesi di alta disoccupazione dell’area euro, sta registrando in questa fase di ripresa un calo dell’indicatore, ma non si tratta, tuttavia, di una riduzione «significativa». Qual è la situazione locale?
Abbiamo dati anche questo caso molto incoraggianti, la riassunzione di personale sta diventando una dinamica vera e continuativa. Chiaramente sarà sempre maggior bisogno di qualità. Non c’è più spazio per la mediocrità nell’epoca dell’Industria 4.0, lo ripetiamo spesso, soprattutto ai giovani. Ci vogliono operai, impiegati e tecnici in grado di cavalcare la nuova rivoluzione industriale. Largo alla specializzazione.
Alla base del capitale umano c’è la formazione. Qual è il suo giudizio sull’istruzione a livello locale?
Le scuole tecniche danno sicuramente ai giovani la possibilità di collocarsi nel mondo del lavoro con soddisfazione. È fondamentale che scuola e industria camminino su una strada comune, per rispondere alle esigenze delle imprese della provincia, dagli artigiani alle industrie. Altrimenti il 34% di disoccupazione giovanile rilevato nel nostro Paese non lo abbasseremo. Serve coesione fra quello che il mondo della scuola porta e le aspettative del mondo produttivo a ogni livello.
Tornando alle assunzioni, i sindacati, evidenziano un’ampia diffusione di contratti a tempo determinato e in somministrazione, a volte con durata brevissima. Basti citare i rinnovi di pochi giorni o settimane, ad esempio nel comparto agroalimentare. L’uscita dalla crisi consentirà di migliorare la situazione anche su questo fronte?
Penso proprio di sì. Lo dico da metalmeccanico, anche se l’agroalimentare purtroppo ha delle specificità di lavoro che determinano l’utilizzo di questi contratti. Ma io sono convinto che quando realmente i consumatori avranno meno paura, ci troveremo di fronte a una ripresa vera, non più a macchia di leopardo, crescerà la domanda e anche l’industria agroalimentare dovrà adeguare i contratti in maniera, magari, diversa. Penso che il mondo industriale stia evolvendo e prendendo la consapevolezza del fatto che la qualità dipende dai nostri collaboratori, dalla valorizzazione del fatto che lavoriamo insieme, come una squadra dove ogni componente è fondamentale e indispensabile. È l’arma che permetterà alle nostre aziende di avere un futuro. Chi eviterà questo coinvolgimento secondo me avrà poco futuro. Il capitale umano è vincente se riguarda tutti.
Nell’epoca dell’Industria 4.0, vari teorici sostengono che per i piccoli non ci sarà spazio, soprattutto perché ricerca e sviluppo necessitano di grandi numeri e risorse. Ma se il trend è positivo, vuol dire che le aziende con poche decine di dipendenti resistono?
Il piccolo avrà maggiori difficoltà, ma ci sono associazioni come Confindustria pronte ad aiutarlo e finanziarlo, ad esempio nelle missioni estere e nel trasferimento tecnologico. La specializzazione farà sì che le aziende meno rilevanti in termini di dimensioni avranno dei prodotti talmente tecnologicamente avanzati che ci sarà sempre uno spazio per loro. Le start up che stanno nascendo sui nostri territori, con i nostri giovani, sono un esempio vincente dell’importanza dell’idea vincente e del coraggio. Poi è chiaro che se il cambiamento ci porterà ad aggregarci e a essere insieme, ben venga. Io sono un fautore dell’aggregazione: unendoci possiamo essere molto forti. Lo dico alle 700 aziende associate a Confindustria. Ricordiamocelo: singolarmente contiamo poco, se stiamo insieme e ci confrontiamo possiamo crescere e vincere le sfide che ci aspettano».
Nel dibattito locale, però, si parla poco spesso di industria. Il vostro settore è protagonista di un numero di dibattiti decisamente inferiore a quelli relativi al turismo, ad esempio.
Il turismo è cruciale e può essere sempre più trainante, ma io penso che la politica valtellinese non dimentichi la capacità produttiva di aziende che crescono e competono con gruppi multinazionali, dall’agroalimentare al bio-medicale passando per il metalmeccanico. Da qualche giorno è terminata l’estate, presto finirà una legislatura fatta di tre governi.
Due sono stati caratterizzati dalla presenza di un uomo molto vicino a Confindustria, Carlo Calenda, che lei ha citato parlando di industria 4.0, al ministero dello Sviluppo economico. Quali sono le valutazioni e le aspettative degli Industriali?
Io ritengo molto positivo il lavoro svolto, credo che anche il premier Gentiloni stia portando avanti innovazioni veramente importanti per il nostro Paese e il settore dell’industria. Auspico che il prossimo governo continui sulla strada delle riforme con le capacità che ha dimostrato questo, con a disposizione un periodo di tempo più lungo per lavorare, come avviene nel caso degli altri leader europei. Faccio l’esempio di Angela Merkel, che punta ai sedici anni di governo. Noi per troppo tempo abbiamo avuto un primo ministro senza certezze e questo ha determinato difficoltà nelle relazioni con i partner internazionali. Basta con gli attori che vogliono essere protagonisti, basta con gli slogan, perché è facile vivere di parole. Servono progetti veri e persone vere, che credono in quello che fanno e portino avanti il lavoro iniziato con le riforme di cui il nostro Paese ha bisogno. Avanti, senza paura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA