Reati d’odio sui posti di lavoro,
le storie di chi è stato costretto
a dimettersi a causa dei “bulli”

I casi di maltrattamento, di “odio”, sul posto di lavoro sono tanti. Il “collocamento mirato” della Provincia è una risorsa anche per la sua capacità di intercettare il disagio e di aiutare a farlo emergere per poterlo sconfiggere soprattutto se prende le vesti di vero e proprio bullismo

I casi di maltrattamento, di “odio”, sul posto di lavoro sono tanti. Il “collocamento mirato” della Provincia è una risorsa anche per la sua capacità di intercettare il disagio e di aiutare a farlo emergere per poterlo sconfiggere soprattutto se prende le vesti di vero e proprio bullismo. I casi raccontati dalle vittime dirette, naturalmente riportate in modo da non renderle in alcun modo riconoscibili, sono di sconcertante normalità.

Il primo caso riguarda Giorgio, giovane uomo affetto da patologia psichiatrica. Fin da ragazzo fatica ad inserirsi tra i pari, troppo timido ed insicuro per affermarsi e accettare il giudizio altrui. Si diploma e riesce ad inserirsi in un’azienda metalmeccanica dove lavora senza grosse difficoltà per anni. Pian piano iniziano però ad emergere i primi sintomi della malattia: fobie ingestibili, fatica a concentrarsi nei lavori più complessi, controllo ossessivo del proprio operato, mancato rispetto, per questo, delle tempistiche. I colleghi lo additano, lo evitano e lui viene demansionato. C’è chi lo chiama “handicappato”. Decide di lasciare il lavoro e cade in una forte depressione. Solo successivamente decide di intraprendere un percorso di cura. Nel frattempo continua a cercare lavoro. Ha diverse esperienze, tutte piuttosto brevi. Non riesce ad inserirsi. La paura del giudizio degli altri lo logora, la patologia è più controllata ma i sintomi sono ancora disfunzionali. Oggi Giorgio sta meglio, ha deciso di accettare un percorso innovativo di inserimento lavorativo. Il percorso formativo da un lato molto tecnico, dall’altro anche molto orientato all’acquisizione di nuove capacità relazionali, si è rivelata un’esperienza fortemente riabilitativa. Al termine di questo percorso, Giorgio è stato assunto in una delle più importanti aziende del settore hitech a livello nazionale.

Claudia, invece, è una donna di circa 40 anni con una storia molto difficile alle spalle. Contesto familiare deprivato e disfunzionale, ben presto Claudia inizia ad abusare di sostanze. Presa in carico dal “collocamento mirato”, dai servizi sociali del suo Comune e da servizi specialistici che la supportano per i problemi di dipendenza e della sfera psichiatrica. Lavora, ma le relazioni affettive che intesse si rivelano determinanti anche per l’ambito lavorativo, negativamente. Sviluppa rapporti affettivi di dipendenza assoluta verso compagni disfunzionali, che si approfittano di lei. In un caso, l’ex-compagno di anni, inizia a stalkerarla presentandosi al lavoro di Claudia e minacciandola. Fortunatamente l’intervento dei servizi preposti e l’atteggiamento collaborante del datore di lavoro, permettono che la situazione rientri. Un altro compagno, però, la convince a raggiungerlo in un’altra città rinunciando a un nuovo lavoro.

Claudia è di nuovo in balìa di un compagno violento. Dopo alcune settimane torna a casa: la relazione è finita. Emotivamente distrutta e senza un lavoro, senza una famiglia, solo grazie al supporto del collocamento mirato trova lavoro per una cooperativa sociale del territorio che ha una grande attenzione non solo per il lavoro ma anche nel gestire le mille difficoltà che incontra nella quotidianità. Ha ripreso le cure specialistiche, prima abbandonate, continua ad essere seguita dal collocamento mirato e sembra stare meglio.

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