Cronaca / Lecco città
Giovedì 24 Settembre 2015
Piano cave, salvo il Cornizzolo
Ma in città si scava altri vent’anni
Approvato in commissione regionale con l’astensione del Pd. Il consigliere Raffaele Straniero annuncia emendamenti
LECCO
Approvato in Commissione il piano cave della Provincia di Lecco, il Pd chiede correttivi e si prepara a presentare emendamenti.
Il passaggio nella Commissione ambiente del Consiglio regionale non ha riservato sorprese: al termine del lungo iter che ha portato Villa Locatelli (con l’amministrazione precedente rispetto a quella attuale) a mettere a punto il nuovo documento, è giunto il nulla osta preliminare, che ora demanda il piano all’assise del Pirellone per la definitiva approvazione.
Un nulla osta, comunque, giunto a maggioranza, considerata l’astensione del gruppo regionale del Partito Democratico, che nutre perplessità mai nascoste riguardo alcuni aspetti del documento.
«Questo è un piano che presenta luci e ombre – ha commentato, al termine della seduta, il consigliere regionale lecchese del Pd Raffaele Straniero -. Da un lato, infatti, si è fermata l’escavazione del monte Cornizzolo, una ferita aperta nel fianco della montagna difficilmente rimarginabile, e non si sono aperti nuovi fronti in altri comuni. Ma vi sono dei punti estrattivi nel territorio della città di Lecco che durano da troppo tempo. Già in passato l’amministrazione comunale era venuta in audizione in Commissione per chiedere di porre un termine a queste estrazioni. Invece il nuovo piano allunga di altri vent’anni la possibilità di scavare. Ci sembra davvero eccessivo: serve un termine più stringente». Per questo ha annunciato la presentazione di emendamenti: «Serve un orizzonte temporale più ristretto, al massimo 10 anni».
Dello stesso avviso il sindaco di Lecco, Virginio Brivio, il quale ha voluto ricordare che in queste tre situazioni «i quantitativi vengono ormai estratti più lentamente da anni, anche a causa della crisi. Questo significa prolungare le ferite nella montagna. È necessario quindi riuscire ad avere una contrazione più significativa dei tempi di ripristino degli ambiti non più utilizzati. Non bisogna aspettare il termine delle convenzioni per restituire aree verdi».
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