«Niente cibo ai randagi». Ma è rivolta

Il caso L’ordinanza del sindaco muove dalla necessità di assicurare l’igiene, visto il proliferare dei topi. Gli animalisti: «Il problema è il bimbo che dà un boccone di pane all’anatra? L’Ats blocchi il provvedimento»

Vietato dare cibo agli animali selvatici e ai randagi. L’ordinanza siglata dal sindaco Mauro Gattinoni sta scatenando le polemiche, con gli animalisti, e non solo, che ne chiedono l’immediata revoca. Stando al provvedimento cani e gatti randagi, così come gli animali selvatici dovranno restare a stomaco vuoto. Fortunatamente in città la piaga del randagismo è assente per quanto riguarda i cani, e sul fronte dei gatti ci sono le colonie feline organizzate e tutelate. Ma, stando a questa ordinanza, i volontari non potranno più portare del cibo alle colonie. Altra questione quella delle anatre sul lungolago, beniamine di tanti bambini che non potranno più dargli nessun pezzetto di pane. Pena, multe fino a 500 euro.

«Vista la cospicua biodiversità che caratterizza il territorio lecchese, e data la presenza in molte zone del territorio comunale di colonie delle più svariate specie animali, gabbiani, cigni, piccioni, nutrie, anatre, gatti, cani randagi, abbiamo emesso un’ordinanza che vieta, con decorrenza immediata e a chiunque, di somministrare qualunque tipo di alimento costituito da mangime, granaglie, scarti e avanzi alimentari di ogni tipo, a tutte le specie di animali selvatici e randagi sull’intero territorio comunale, fatte salve specifiche autorizzazioni con fini sanitari o scientifici», le motivazioni che hanno mosso il sindaco Gattinoni a firmare l’ordinanza. L’assessore all’ambiente Renata Zuffi aggiunge: «È un provvedimento che abbiamo ritenuto necessario adottare anche per ragioni di tipo igienico e sanitario, oltre che di decoro urbano, motivo per il quale è fondamentale conoscere il divieto e metterlo in atto, per la salute di tutti».

Ma sono molti a pensarla diversamente. «Probabilmente sindaco e assessore non girano per la città, anche perché fatto salvo le colonie feline ben organizzate, vorrei sapere dove hanno visto cani e gatti randagi - sbotta Filippo Boscagli, consigliere di minoranza -. Abbiamo la fortuna di non avere la piaga del randagismo ed emettono un’ordinanza, che probabilmente non hanno neppure letto ma copiata da qualche altro paese. Dovrebbero impegnarsi a risolvere il problema dei ratti e delle nutrie, ben consapevoli che nessuno porta da mangiare ai topi».

«Non riesco a comprendere il perché di questa ordinanza - rimarca Ciro Lamberti, presidente dell’associazione “Pro parco nostri amici animali”, spero che il Comune faccia un passo indietro velocemente o che altrimenti intervenga l’Ats a bloccare il provvedimento».

Tutti d’accordo che i topi che girano sul lungolago «sono un problema che però non si risolve con un’ordinanza. Se proprio il Comune vuole fare qualcosa per l’igiene avvii dei controlli contro i maleducati che non puliscono i ricordini dei loro cani», aggiunge Lamberti.

Pronto a dare battaglia l’ex assessore all’ecologia Ezio Venturini: Chiederò l’intervento degli enti superiori l’ordinanza non può andare contro le colonie feline, è assurdo». Sul piede di guerra Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente. «Se l’ordinanza non verrà revocata subito farò ricorso al Tar. Le ordinanze affama randagi sono una vergogna nazionale - sottolinea la presidente della Leidaa - e non avrei mai pensato di doverne parlare in una città civile come Lecco».

Lello Bonelli, presidente del Wwf aggiunge: «per quanto riguarda le nutrie c’è un piano di contenimento provinciale, noi siamo per la sterilizzazione e non per l’abbattimento. Sappiamo tutti che il pane fa male alle anatre, ma il problema non è il bambino che gliene porta un pezzettino, ma chi ne butta chili nel lago. Il Comune intervenga con dei controlli, piuttosto».

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