Cronaca / Lecco città
Domenica 30 Agosto 2015
Monza o Como?
Lecco deve scegliere
Camera di commercio: la Brianza si salva dai tagli e propone l’aggregazione a entrambe le province lariane
Ma dall’altra sponda del lago pensano soltanto a noi: «Siamo cugini, anzi fratelli, andiamo avanti insieme »
LECCO
Una parte del destino della Camera di Commercio di Lecco è già scritta: la riforma degli enti camerali la cui sostanza è stata fissata dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di un paio di settimane fa, sancisce che quello lecchese dovrà cambiare profondamente (leggi fondersi con un altro ente), pena la chiusura.
È il come, l’aspetto da definire: fusione con Como? Con Monza? Con entrambe? O con Bergamo? La materia è discussa ormai da tempo, ma da qualche giorno ad essere chiari sono finalmente anche i parametri da rispettare. La riforma Madia dispone infatti che a salvarsi saranno le Camere di commercio con almeno 75mila imprese iscritte. Un tetto ampiamente superato da Monza (90.006), ma dal quale sia Como (60mila e rotti) che Lecco (con le sue 33mila) sono molto lontane.
A rompere pubblicamente gli indugi, sul Cittadino dell’altro giorno, è stato il presidente monzese Carlo Edoardo Valli, il quale ha espresso tutto il suo gradimento a una grande fusione di Monza con Como e Lecco. Del resto, l’ente camerale brianzolo ha le porte spalancate nei confronti delle istituzioni costrette a scegliere un partner con cui unire le forze: in Lombardia, a salvarsi sono state infatti solo le Camere di Milano (forte di 450mila imprese), Brescia (147mila), Bergamo (118mila) e Varese (88mila), oltre ovviamente a Monza. Sopravvivrà anche Sondrio, che ha solo 19.533 adesioni, ma per la quale è stato deciso di tenere in considerazione (come per Belluno e il Verbano-Cusio-Ossola) le caratteristiche di territorio montano.
Le “trattative” per costituire aggregazioni in grado di rispondere alle esigenze del mondo imprenditoriale locale sono state avviate già da tempo, dunque, con l’obiettivo non secondario di realizzare enti di spessore tale da rimediare al taglio dei diritti annuali disposti sempre dal livello centrale e in effetti non sempre graditi alle imprese.
In questo senso, Lecco è una realtà appetita per vitalità quanto per bacino, ma va da sé che il presidente Vico Valassi stia lavorando per far sì che l’istituzione della nostra Provincia non risulti solamente una sorta di “boccone” agli occhi di chi aspira al matrimonio.
Monza, dunque, ha aperto all’aggregazione della “Grande Brianza”, ma ieri dall’altro ramo del Lario è giunta una frenata decisa. Il presidente della Camera comasca Ambrogio Taborelli ha infatti spiegato a La Provincia che «la nostra mossa ufficiale è stata fatta, ovvero scrivere all’ente camerale di Lecco. Siamo cugini strettissimi, praticamente fratelli». Quindi, il discorso sarà portato avanti prioritariamente a due, anche se sulla trattativa incombe lo spettro del ricorso al Tar che gli avversari di Valassi (guidati da Giovanni Maggi, presidente di Confindustria Lecco e Sondrio) hanno presentato considerando illegittima la sua ricandidatura e la successiva riconferma.
La risposta del Tribunale amministrativo è attesa per la prima decade di settembre: da quel momento in poi si potranno rompere gli indugi e far entrare nel vivo in primo luogo il discorso con Como, in attesa che a ottobre, con i decreti attuativi, si conoscano finalmente tutte le novità che riguarderanno i riformati enti camerali.
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