Cronaca / Lecco città
Venerdì 03 Marzo 2017
«Licenziamento facile
nelle multinazionali»
I 39 esuberi annunciati dalla Finder Pompe rimandano ai casi della König e della Black & Decker
In questi giorni è toccato ai lavoratori di Finder Pompe - azienda lecchese finita in due riprese sotto la proprietà di altrettanti colossi esteri - essere licenziati in 39 (su 138) senza preavviso nella sede di Merate. Nel maggio 2016, era stata la volta di König che, dopo essere passata di mano prima alla multinazionale svedese Thule e poi all’austriaca Pewag, ha visto la rapida chiusura dello stabilimento di Molteno e il trasferimento della produzione di catene da neve in Carinzia, col licenziamento di 103 (su 127) lavoratori. Nel 1998, ha fatto malauguratamente storia lo tsunami causato dalla chiusura di Black&Decker.
È l’effetto peggiore di alcuni “investimenti esteri” per i quali il Paese sembra non essere mai abbastanza pronto, mentre in realtà le sue aziende migliori in tempi di crisi sono ricercate da uno shopping estero interessato alla redditività senza impegni sull’occupazione.
Secondo la Camera di commercio di Milano, nel Lecchese ci sono 81 aziende a partecipazione estera che generano ricavi per 1,35 miliardi di euro e occupano 4.669 dipendenti.
La storia potrebbe dunque ripetersi, con multinazionali che chiudono i battenti e spostano la produzione dove rende di più e i sindacati, quanto i lavoratori, presi alla sprovvista e in difficoltà nell’esercitare una sorveglianza preventiva su come vanno le cose quando a gestirle sono grossi gruppi esteri. «In caso di crisi - dice Lorena Silvani della Fim Cisl, che segue la vicenda Finder Pompe - quando si ha a che fare con imprenditori del territorio si affrontano per tempo i problemi e si gestiscono al meglio anche negli interessi dei lavoratori. Con una multinazionale che attiva la procedura di licenziamento senza preavvisare non resta che gestire il count down per la messa in mobilità».
«A differenza di altri Paesi europei - afferma il segretario generale della Cgil Wolfango Pirelli - non abbiamo una politica industriale, inoltre manca un ruolo decisionista da parte del Governo e dello Stato. Tutti ci dicono che così vanno le cose perché questo è il mercato, ma è un fatto che ad esempio in Germania il Governo salvaguardia l’occupazione facendo in modo che gli investitori esteri restino sul territorio. Da noi invece le multinazionali si prendono i benefici senza rispettare le norme italiane sul lavoro».
Sul controllo sindacale Pirelli afferma che «è evidente che quando ci sono segnali cerchiamo di coglierli, come accaduto a Lecco con il Tubettificio. Ma non sempre le regole anche contrattuali ci consentono di conoscere la situazione. E, di nuovo, cito il modello tedesco della co-gestione che consente di guardare a fondo ciò che accade in azienda. Noi nei contratti nazionali abbiamo il diritto all’informazione, strumento debolissimo e unilaterale».
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