Lecco«Mio fratello, generale in pensione
Con una chiamata ha salvato la famiglia»

La testimonianza Natalya Kudryk vive a Lecco da vent’anni, due figlie e quattro nipoti Loro in Ucraina, il congiunto militare in Russia: li ha messi in guardia e sono scappati

«Mio fratello mi ha fatto una videochiamata ieri, mi ha chiesto di non commentare nulla, voleva solo sapere se le mie figlie e i miei nipoti stanno bene, se sono riusciti a scappare. Ho risposto di si, sono tutti in Polonia, ce l’hanno fatta prima che le bombe arrivassero nella nostra città. Lui con gli occhi lucidi si è messo una mano con il pugno sul cuore, e l’ho messa anch’io, ci siamo guardati piangendo.

Mio fratello sta in Russia, è stato un generale dell’esercito e ora è in pensione. Noi siamo rimasti in Ucraina».

La storia

La storia di Nataliya Kudryk rappresenta in maniera plastica l’assurdità di questa guerra fratricida. Lei vive in Italia da vent’anni dove lavora regolarmente. Trent’anni fa, quando l’Ucraina diventò una Repubblica indipendente, il fratello  che oggi ha 60 anni, si trovava in Siberia dove aveva studiato all’accademia militare  e  prestava servizio nell’esercito. Ed è rimasto lì .

«Se fosse rientrato in Ucraina sarebbe stato un disertore - racconta Nat - ma restando là di fatto ha dovuto tagliare i ponti con noi in particolare dopo il Donbass. Negli ultimi otto anni non lo abbiamo più sentito, non è venuto a casa nemmeno per il funerale di nostra madre»

Nataliya invece è venuta in Italia e da Lecco ha continuato ad aiutare risparmiando al centesimo, l’anziana madre deceduta due anni fa, le due figlie e i quattro nipoti. «Ma in realtà avevano un lavoro e stavano abbastanza bene - dice - potevano venirmi a trovare e io andavo da loro una volta all’anno. Non ci mancava niente».

Poi la guerra, inaspettata, incomprensibile. E la  fuga  di una figlia con i 4 ragazzi  dagli 8 ai 17 anni.  Il marito della donna già lavorava in Polonia,  vivendo loro a Ternopoli poco distanti dal confine, era piuttosto naturale passare di là e questa è stata  la loro fortuna perché hanno potuto fermarsi nell’appartamento già affittato senza continuare il lungo viaggio verso l’Italia. Nadia invece, la maggiore delle due figlie,  ha lasciato i bambini  alla sorella ed è rimasta là accanto al marito chiamato al fronte. Voleva dare una mano, come tante altre donne ucraine, ma alla  fine ha dovuto arrendersi prendendo a sua volta,   due giorni fa, il pullman per Varsavia.Troppo pericoloso restare.

E dopo otto anni di silenzio anche il fratello è ricomparso.

«La prima telefonata che mi ha fatto è stata stranissima - racconta - mi diceva “state tranquilli, stiamo arrivando a liberarvi” e io rispondevo: “Ma liberarci da cosa? Noi stiamo benissimo non vogliamo essere liberati dai Russi, non vogliamo tornare indietro”. Diceva cose che mi sembravano assurde, ma più andavo avanti a parlare e più capivo che stava cercando di dirmi qualcosa. Parlava di un ponte che sarebbe saltato, parlava dell’esercito in arrivo, parlava della nostra città, con le basi militari vicine, e allora ho capito: ci stava mettendo in guardia. E ci siamo organizzati per venire via»

Poi l’ultima telefonata, quellacon le lacrime agli occhi e la mano sul cuore, quella che ha sciolto i nodi rimasti stretti per troppi anni.«Noi siamo fratelli, siamo tutti fratelli - ripete Nat - ci sono migliaia di famiglie spezzate come la nostra, ci sono legami forti con chi oggi ci spara addosso ma nello stesso tempo l’Ucraina è una terra fiera, è una nazione con un’identità nazionale forte, non si lascerà conquistare facilmente. Putin si tenga il Donbass  e la Crimea, ma lasci che restiamo indipendenti. La Nato? Ma chi pensa, a noi basta restare liberi con la possibilità di venire in Europa quando vogliamo». Ma poi scuote la testa e sa che non sarà facile che accada. Ci sarà ancora morte e dolore.

La vita oltre la guerra

«La mia famiglia sta bene ma non basta» conclude. E risponde alla videochiamata del nipote più grande, 17 anni: in Polonia ha già trovato lavoro in un’azienda che confeziona fiori in scatola. Il cugino poco più grande di lui è a Mosca, seppur giovanissimo è un diplomatico del Cremlino, dall’altra parte della barricata. Per una manciata di mesi invece Michele ha evitato il fronte e oggi confeziona fiori in scatola. Quasi come nel ritornello di quella vecchia canzone: «Mettete dei fiori nei vostri cannoni»

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