Cronaca / Lecco città
Giovedì 01 Ottobre 2020
Lecco. Un premio etico
alla Co.El di Cortesi
Dal no alla produzione di armi allo stop alla banca che vendeva i derivati
Le ragioni del riconoscimento assegnato a Firenze
L’etica messa davanti all’impresa, impegnando un’intera vita da imprenditore per diffondere valori e buone prassi pensando prima al bene comune che al proprio business, riuscendo comunque a salvare entrambi e a creare ricchezza e crescita.
Per questo la Co.El. Di Torre de’ Busi è stata premiata come “Ambasciatrice dell’economia civile 2020” venerdì scorso a Firenze, nella sede di Palazzo delle Signorie, al Festival nazionale dell’economia civile.
Partner del premio sono Federcasse, Next-Nuova economia per tutti, Sec-Scuola di economia civile e Confcooperative.
Il mollificio di Angelo Cortesi, iscritto in Api Lecco, è stato premiato in sostanza per tutte le azioni che dalla sua fondazione a oggi hanno dimostrato un modo etico di fare impresa. Azioni che si riconducono all’esperienza personale di Cortesi, imprenditore che partecipa da tempo a Sec, che ha fra i fondatori Stefano Zamagni, e che nel gennaio 2019 fa ha portato a Lecco, nella sede della Camera di Commercio, un importante seminario, “Diamo un’anima alle imprese”, promosso dalla Sec e organizzato con gran parte del sistema economico e istituzionale lecchese proprio per discutere su come creare un modello economico inclusivo ed equo.
Sono tante le ragioni per cui Sec è stata premiata. C’è la rinuncia, che risale agli anni Ottanta, a produrre molle destinate al settore delle armi, oltre alla definizione di tempi di pagamento rispettosi per i fornitori e il no detto a commesse «con pagamenti incivili – afferma Cortesi -, che arrivano da clienti che hanno fama di pagare fra 90 e 120 giorni. Tutto ciò ci fa selezionare clienti e fornitori, ma da tempo la nostra decisione è quella di non lavorare con aziende lontane dai nostri principi. Alla stessa stregua – aggiunge – nel 2010, per le responsabilità che hanno determinato la crisi economica del periodo, abbiamo lasciato Deutsche Bank perché non condividevamo il suo modello di sviluppo legato ai derivati che in quel periodo hanno fatto tanto male a tutto il sistema sociale ed economico mondiale».
La stessa Co.El. mette le proprie risorse in investimenti di economia reale e non nella finanza, così come compra materia prima italiana anche se costa di più rispetto a quella cinese e indiana, “perché crediamo – continua Cortesi – che imprese e occupazione vadano difese comprando prodotti locali che, se non troviamo in Italia, cerchiamo al massimo e in parte in Europa, senza speculare in Cina e India per il basso prezzo. Altrimenti è inutile dire che da noi non c’è lavoro e poi si compra cinese, facendoci male da soli perdendo occupazione e facendo crescere la povertà”.
Il prodotto italiano costa, certo, include un costo del lavoro che contempla cose come ferie, pensione, assistenza sanitaria e molto altro, “ma dentro a questo costo – conclude Cortesi – ci sono anche tutte le conquiste sociali fatte in un secolo di battaglie sindacali. Quando compriamo cinese dobbiamo pensare che ciò ci rende responsabili dell’impoverimento del Paese, del venir meno dell’occupazione, del fatto che in Italia abbiamo 10 milioni di poveri di cui la metà in povertà assoluta di cui 1,2 milioni costituita da minori”.
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