Cronaca / Lecco città
Lunedì 12 Aprile 2021
Lecco. Un Barocchetto
da recuperare
La parrocchia di Castello di Lecco restaura Casa Arrigoni Secchi, un edificio a cavallo tra ’600 e ’700 con alcuni dettagli preziosi
C’è un tesoro nel cuore storico di Castello che i lecchesi ignorano, una grande bellezza da riscoprire.
Perfino chi abita nel quartiere sopra il centro di Lecco non gli ha mai dato molta importanza degnando al massimo di un occhio distratto quel palazzo grigio che fa parte del complesso dell’oratorio, si affaccia lungo via monsignor Moneta e si nasconde dietro un’aria dimessa e trascurata, con le sue persiane scrostate e la facciata apparentemente anonima e poco appariscente.
A meno che chi passa non si soffermi sulle decorazioni del balconcino e su altri dettagli ornamentali che sono la spia di un’antica nobiltà: Casa Arrigoni Secchi, infatti, risale addirittura agli anni a cavallo tra Seicento e Settecento, come denuncia lo stile barocchetto di quell’epoca, di cui tra l’altro è un esempio più unico che raro dalle nostre parti.
La dimora fu eretta per volere del notaio Salvatore Arrigoni la cui famiglia - originaria di Vedeseta e trasferitasi a Castello alla fine del ‘500 - ebbe un ruolo importante per lo sviluppo economico e sociale di quello che allora non era un semplice rione di Lecco ma un paese, un Comune a se stante fino al 1928.
Ora la parrocchia, proprietaria dell’immobile che ha ospitato l’oratorio fino a prima del Covid, è decisa a restaurare questo bene architettonico, e coltiva un progetto ambizioso: restituirlo alla visibilità che merita e alla piena godibilità per i cittadini e i turisti che troveranno così qualcosa in più nell’elenco del patrimonio architettonico e culturale da ammirare a Lecco. Non solo Manzoni e dintorni, dunque, ma anche altro. Un’importante testimonianza del passato, oltre che un edificio di pregio.
La decisione del parroco Mario Fumagalli non nasce improvvisamente dal nulla ma ha avuto origine in una circostanza improvvisa e incresciosa. Mesi fa qualche calcinaccio caduto dal balconcino che sovrasta il portone d’ingresso, oltre a richiedere un intervento d’urgenza di messa in sicurezza (è sotto gli occhi di tutti i passanti l’impalcatura che è comparsa sulla facciata), ha posto di fronte a una necessità che è diventata subito più che un problema una grande opportunità. C’è da rimettere in sesto l’antico caseggiato e l’intervento si è rivelato subito non proprio una passeggiata ma un’operazione costosa e impegnativa. Il tetto da rifare, le persiane da consolidare, la facciata e tutta la struttura da rinforzare.
«E allora, ci siamo chiesti, perché non avviare un progetto di restauro che vada oltre la semplice conservazione ma che si ponga come obiettivo la restituzione di un pregevole fabbricato del barocco alla fruibilità dei cittadini, rispolverando la sua antica bellezza, riaprendolo in qualche misura al pubblico e dunque ripensando a una possibile nuova funzione?». A parlare è l’ingegnere Francesco D’Alessio che a Casa Arrigoni ha dedicato nel 2005 la sua tesi di laurea in Ingegneria edile e Architettura.
Detto fatto. Il progetto complessivo è stato affidato alla direzione artistica dell’architetto Eugenio Guglielmi, all’architetto Silvana Scaramelli e all’ingegner Remo Meschi. Sì ma i costi? Si è ipotizzata una cifra complessiva di 800 mila euro circa, usufruendo delle detrazioni fiscali fino al 90% dell’importo. Tempi? Entro quest’anno l’obiettivo di restaurare il tetto e la facciata.
Si respira molto entusiasmo in parrocchia per questo progetto destinato a riaccendere la storica bellezza del cuore di Castello. «Vorremmo ridare alla facciata della casa, chiamata così e non palazzo per via degli spazi interni contenuti, il suo ruolo di quinta scenografica - spiega l’ingegner D’Alessio -. Il visitatore che varcava il portale coronato dall’elegante balconcino, accedeva all’androne in fondo al quale un finestrone dalla bizzarra e gioiosa cornice scolpita concedeva uno scorcio del giardino interno». Proprio quel finestrone che «ora è abbandonato alle intemperie e ai vandalismi nel giardino di palazzo Belgiojoso», fa notare D’Alessio.
Ecco perché è importante riportarlo alla sua collocazione originaria, aprendo il portone a tutti coloro che vorranno ammirare questa antica bellezza resuscitata.
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