Lecco. «Se si ferma l’Ilva

problemi per tutto il Paese»

Molte le aziende lecchesi che hanno rapporti con il colosso dell’acciaio gestito ora da Arcelor Mittal, Riva: «Una chiusura farebbe solo il gioco della Cina»

LECCO

«L’eventualità di uno stop dell’Ilva – afferma il presidente di Confindustria Lecco e Sondrio, Lorenzo Riva - creerebbe prima di tutto un enorme problema per le persone che vi lavorano, seguito da una perdita di competitività del Paese e anche da un problema di mancanza di tonnellaggio nelle richieste di forniture, che andrebbero a favore della Cina e di altri che continuano a produrre con molto inquinamento».

La situazione dell’ex Ilva di Taranto tocca da vicino gli interessi di tante imprese lecchesi, spesso fornitrici di servizi o parti meccaniche e anche clienti del colosso dell’acciaio di cui la multinazionale Arcelor Mittal è affittuaria e prossima proprietaria attraverso la controllata Arcelor Mittal Italia.

Ieri il Governo è tornato a Taranto per un nuovo vertice istituzionale in un momento delicato del piano di rilancio in un quadro in cui l’avvio, da luglio, della cassa integrazione per 1.400 dipendenti e l’abolizione dell’immunità penale dal 6 settembre come previsto dal nuovo decreto crescita prossimo all’approvazione definitiva in senato gettano più di un’ombra sul futuro dell’acciaieria.

Ieri al termine dell’incontro Di Maio sull’immunità relativa a problemi che potrebbero verificarsi durante l’attuazione del piano ambientale sul quale è impegnata Arcelor Mittal, ha dichiarato che «il problema è risolto perché non c’è più immunità». L’azienda afferma che «senza immunità è impossibile gestire l’impianto» e che le tutele legali sono «necessarie fino alla completa attuazione del piano ambientale per evitare di incorrere in responsabilità relative a problematiche che gli attuali gestori non hanno causato». Ma il vicepremier ieri ha chiuso la questione dichiarando che «se si porteranno avanti i patti come li abbiamo sottoscritti, cioè se si porterà avanti il piano di aggiornamento degli impianti, il piano ambientale e la copertura, non ci sarà nessun problema e nulla da temere». Per il resto, «siamo al lavoro per affrontare il tema della cassa integrazione e chiederemo chiarimenti al tavolo sul perché debba coinvolgere 1400 lavoratori».

Riva, con la sua azienda Elettro Adda, per Ilva è sia fornitore di motori elettrici e di servizi di manutenzione sia cliente di lamierino utilizzato per produrre i motori: «Per fortuna – ci dice – non abbiamo grande preoccupazione per i livelli delle forniture. Ma guardando al dato complessivo e con la premessa che la salute è la prima cosa da salvaguardare in ogni attività, l’impegno dei nuovi acquirenti – afferma Riva – è quello di mettere in campo situazioni e ulteriori miglioramenti per l’ambiente e per le norme di sicurezza. Quindi ben venga la possibilità di continuare a sviluppare ciò su cui arcelor Mittal si è già impegnata, possibilmente senza la spada di Damocle di minacce penali. Il Governo – aggiunge – deve chiarire se vuole la paralisi dell’industria e se vuole che noi industriali smettiamo di investire e ci arrendiamo all’incompatibilità che questo Governo intende su una serie di questioni. E’ davvero inimmaginabile valutare l’impatto che avrebbe l’ipotesi che l’Ilva possa fermarsi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA