Cronaca / Lecco città
Sabato 02 Febbraio 2019
Lecco, qui buste paga
da alta classifica
La nostra provincia è tredicesima a livello nazionale e quarta in Lombardia per le retribuzioni - Ma non è tutto oro ciò che luccica, spiegano i sindacati: «La crisi ha lasciato grosse sacche di povertà»
e delle classifiche nazionali per retribuzione oraria dei dipendenti del settore privato. I dati diffusi nelle scorse settimane dall’Istat, riferiti al 2016, infatti vedono la nostra provincia attestarsi a un salario medio di 15,39 euro lordi all’ora per un dipendente a tempo pieno e a 12,41 euro lordi all’ora per un dipendente part-time, risultato che pone Lecco al tredicesimo posto a livello nazionale e al quarto a livello regionale.
Lecco scala la classifica quando si va a considerare la distribuzione degli stipendi. Infatti siamo secondi solo a Bolzano per quanto riguarda il valore assoluto delle retribuzioni più basse: i lavoratori dipendenti che guadagnano meno nel settore privato lecchese percepiscono 9,35 euro lordi all’ora, mentre la fascia più alta di retribuzione si attesta a 22,38 euro, risultato che ci pone al sedicesimo posto a livello nazionale. Inoltre Lecco è settima per retribuzione oraria mediana con 13,07 euro lordi l’ora per un dipendente a tempo pieno.
L’analisi Istat fotografa dunque un mercato del lavoro lecchese in cui i salari dei dipendenti del settore privato continuano a essere, anche dopo dieci anni di crisi economica, tra i più alti d’Italia, soprattutto per la fascia di lavoro meno qualificato.
Numeri che però non convincono i sindacati, come spiega Rita Pavan della Cisl: «Questi dati confermano che le nostre zone rimangono relativamente ricche, anche se non vanno sottovalutate le sacche di povertà e di difficoltà che la crisi, che ha colpito forte anche qui, ci ha lasciato in eredità. Oggi sta bene chi ha un lavoro stabile e tutelato, ma aumentano sempre di più i cosiddetti “lavoratori poveri”, persone che hanno occupazioni precarie o discontinue. Una situazione che non può essere sottovalutata o trascurata guardando i dati medi». E infatti Salvatore Monteduro della Uil invita non sottovalutare gli ultimi dati economici: «La ripresa del distretto manifatturiero e i rinnovi contrattuali avuti nell’ultimo biennio hanno dato il proprio contributo ai salari. Ma oggi non si può non essere preoccupati dal rallentamento dell’economia globale, in primis della Germania, nostro primo partner economico. Un rallentamento che si innesta in una situazione che vede una platea di persone che fatica ad accedere al mondo del lavoro: chi è obbligato a lavorare part-time perché non ha altre offerte, oppure chi fatica a ritrovare un’occupazione perché ha competenze non più spendibili e magari un’età avanzata».
L’economia italiana è di fatto in stagnazione: «Oggi – spiega Diego Riva della Cgil – chi assume lo fa per periodi molto brevi e attraverso agenzie di somministrazione e il contratto a tempo indeterminato continua a essere uno strumento poco utilizzato. Per noi questo è un errore: se si vuole competere con prodotti ad alto valore aggiunto non si può farlo con una forza lavoro precaria, è invece necessario investire nelle competenze e nella formazione. In questo quadro la riduzione delle risorse messe dal Governo sui progetti di alternanza scuola-lavoro è una scelta sbagliata».
© RIPRODUZIONE RISERVATA