Cronaca / Lecco città
Domenica 06 Settembre 2020
Lecco. L’edilizia riparte
L’occupazione inizia a crescere
La Feneal-Uil segnala che a giugno gli addetti erano aumentati di 90 unità
Nello stesso mese era tornato in parità anche l’ammontare delle ore lavorate nei cantieri
L’edilizia lecchese è in grave difficoltà, ma l’occupazione tiene botta. Del resto, come ha spiegato il presidente degli edili lecchesi Sergio Piazza, la scrematura si è già registrata negli anni scorsi e chi è sopravvissuto ha basi concrete per continuare anche con la pandemia.
A evidenziare, numeri alla mano, le condizioni in cui si trova il comparto è la Feneal Uil Alta Lombardia (riguardante le province di Lecco, Como, Sondrio e Varese), che ha effettuato un’analisi su occupazione e ricorso alla cassa integrazione, raffrontando i dati (forniti dalle Casse edili dei diversi territori) del primo semestre di quest’anno con quelli dell’analogo periodo del 2019.
Il dato per certi versi sorprendente è quello relativo ai lavoratori: dopo una sensibile riduzione del loro numero nel pieno del lockdown, infatti, sono aumentati in modo deciso e ora sono complessivamente superiori a quelli registrati lo scorso anno.
Il 2020 si è aperto infatti con 2.327 addetti (dieci in più rispetto al dato del gennaio 2019), calati di dieci unità a febbraio (2.323 l’anno precedente). Con la serrata stabilita dal Governo, a marzo si è scesi a 2.250 (-3,89% rispetto al 2019, quando erano 2.341) e ad aprile al livello più basso, 2.226 lavoratori (-4,01%, 2.319). Già con maggio, però, la situazione è tornata a migliorare in modo consistente, con 2.318 addetti, livello addirittura superiore rispetto al maggio 2019 (2.280). Infine, a giugno, il definitivo slancio che ha portato il totale a sfiorare le 2.400 unità (2.397), oltre 90 in più di un anno prima (2.306). Tanto che la media del semestre è pressoché analoga: 2.306 quest’anno contro 2.314 nel 2019.
Impietoso, invece, il bilancio del ricorso agli ammortizzatori sociali, cresciuto esponenzialmente: nei primi sei mesi dello scorso anno si era raggiunta la somma complessiva di 20.765 ore, concentrate in modo particolare nei mesi di febbraio (5.100) e aprile (7.911), con 3.551 ore a gennaio e solo 184 a giugno.
Quest’anno, invece, nel semestre le ore di cassa sono state ben 574.741, con un incremento pari al 2.667,84%. La maggior parte è relativa ai mesi del lockdown: 188.979 ore a marzo e 316.350 ad aprile. Al contrario, inevitabilmente, sono calate le ore lavorate, passate dalle complessive 1,87 milioni a 1,38 milioni (-26,16%; -181.818 a marzo e -249.133 ad aprile 2020). A giugno, però, le ore sono quasi tornate in parità, con un saldo negativo di 188 (-0,06%).
L’emorragia si è rivelata più pesante in provincia di Como, dove il confronto tra i due semestri si chiude in modo sensibilmente negativo su tutti i fronti: - 1,62% per quanto riguarda l’organico delle imprese (Lecco -0,37%); -27,09 per le ore lavorate e +1.006,82% per la cassa integrazione, cui si è fatto ricorso in modo meno consistente rispetto alla nostra provincia.
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