Cronaca / Lecco città
Martedì 05 Luglio 2016
Lecco. La Brexit spaventa
anche gli artigiani
Lecco è fra le trenta province italiane più esposte nell’export delle piccole aziende verso l’Inghilterra, Vittorio Tonini: «L’alimentare e l’abbigliamento potrebbe subire rallentamenti dopo l’uscita inglese dall’Ue»
C’è anche Lecco fra le trenta province italiane più esposte sul fronte delle esportazioni delle piccole imprese verso la Gran Bretagna.
Secondo l’ufficio studi della Confartigianato la provincia di Lecco è al diciannovesimo posto per esposizione con un’incidenza pari all’1,07 del valore aggiunto, in un quadro nazionale in cui nei 12 mesi compresi fra aprile 2015 e marzo 2016 le esportazioni manifatturiere nei settori a più alta concentrazione di piccole imprese verso il Regno Unito sono state pari a 7,5 miliardi di euro, con un’incidenza dello 0,52% del valore aggiunto italiano.
«Londra è aperta alle imprese», ha detto ieri il sindaco di Londra Sadiq Khan in un tentativo di rassicurazione, mentre la Gran Bretagna sfiora l’anarchia politica con dimissioni a raffica dei leader che hanno voluto il referendum. All’indomani del voto pro Brexit alcuni nomi noti del tessile lecchese con interessi a Londra che abbiamo intervistato si sono uniti alle preoccupazioni espresse dalla politica e dalla finanza sui rischi di business con la Gran Bretagna. Oggi, come emerso anche dall’assemblea nazionale di Confartigianato che si è svolta a Roma , sono anche le piccole imprese a chiedersi quali saranno le sorti dei loro affari in Gran Bretagna.
«Il dato dell’esposizione di Lecco è reale ma su valori contenuti, mentre un altro dato – afferma il segretario generale di Confartigianato Lecco Vittorio Tonini – che emerge dal nostro ufficio studi riguarda due settori, l’alimentare e l’abbigliamento, che dalla Brexit potrebbero subire conseguenze sensibili e, in misura molto minore, la meccanica. Fra le nostre iscritte – aggiunge Tonini - abbiamo aziende con attività di scambio con l’Inghilterra, tuttavia ritengo che le conseguenze peggiori ricadranno in modo più forte sul mercato interno inglese. Il referendum è stato un errore che ora la Gran Bretagna dovrà gestire, tuttavia è opportuno coglierne il segnale per rinnovare l’Unione europea anche nelle sue risposte al mondo delle imprese».
Da gennaio ad aprile 2016, ben prima del referendum, secondo i dati Istat l’export italiano registrava una crescita di solo l’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2015. Ma il primo quadrimestre dell’anno scorso rispetto al 2014 era in crescita del 9%. Secondo Confartigianato si è trattato di una frenata «associata a una svalutazione della sterlina sostenuta dall’incertezza sull’esito del referendum, con la valuta inglese che si è deprezzata del 5,1% sull’euro».
Ma la frenata sembra anche legata a una ripresa che in realtà non è tale, visto che con 325 milioni di euro a fine 2015, di cui 194 in esportazioni e 117 in importazioni (dati camerali), l’interscambio fra la provincia di Lecco e la Gran Bretagna alla fine dell’anno scorso si mostrava già in calo sul 2014 (-5,3% per l’export e -3,4% per l’import).
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