Cronaca / Lecco città
Lunedì 18 Gennaio 2016
Lecco: dagli immigrati
una spinta all’imprenditoria
Grazie agli stranieri e nonostante la crisi il numero delle aziende registra una leggera crescita
Il saldo delle imprese lecchesi è negativo, ma senza gli operatori stranieri le cose andrebbero ancora peggio: se il passivo è in qualche misura contenuto, infatti, è solo grazie all’imprenditorialità che negli ultimi anni è giunta da oltre confine.
La fotografia degli effetti della crisi economica emerge impietosa dall’elaborazione pubblicata dalla Camera di commercio di Milano, che ha messo in evidenza come in Lombardia sia solo grazie alle imprese condotte da cittadini esteri che il saldo sale sopra lo zero, seppur di poco.
Il bilancio delle aziende a conduzione italiana, infatti, ha chiuso il 2015 con una flessione dello 0,6% rispetto all’anno precedente, ma nel complesso il saldo è risultato pari allo 0,2%.
Il peso dell’imprenditoria d’oltre confine risulta ancora superiore considerando un lasso di tempo più lungo: negli ultimi quattro anni, infatti, queste aziende sono passate da 76.691 (dato del 2011) a 92.925, mettendo a segno un incremento pari addirittura al 21%. Considerato il fatto che nello stesso periodo gli operatori italiani sono scesi da 753.437 a 722.905, si capisce come sia grazie alle oltre 16mila nuove aziende straniere che la decrescita è stata limitata a 14.298 imprese.
Questa tendenza si ritrova anche sul territorio provinciale lecchese, dove nel 2011 il totale delle imprese era pari a 24.587 unità, composto ovviamente per la maggior parte da quelle a conduzione italiana (23.211) con una parte minoritaria degli stranieri (1.376). Nell’arco di questi quattro anni, le prime si sono contratte in modo consistente, scendendo a 22.203, con una perdita di 1.008 realtà (-4,3%). D’altro canto, gli imprenditori esteri hanno fatto registrare un aumento in linea con quello lombardo: + 20,4%, salendo a quota 1.657 (281 nuove aperture).
Nel complesso, dunque, il passivo è consistente (perse 727 imprese, 3%), ma senza la componente straniera sarebbe stato molto più pesante. La tendenza è cristallizzata anche dai dati degli ultimi dodici mesi, con una variazione delle attività “straniere” pari a 6,6 punti percentuali, mentre gli italiani sono diminuiti dello 0,6%.
Nello stilare questa analisi, l’ente camerale ha svolto anche un’indagine sul rapporto tra impresa e stranieri. Se ne evince che oltre il 60% non ha dipendenti stranieri alle proprie dipendenze. Chi ha deciso di avvalersi di questa manodopera lo ha fatto nell’8% dei casi perché «sono disposti a fare lavori che gli italiani non vogliono fare più». Da segnalare che il 62% non ha risposto. Infine, secondo i titolari si integrano meglio gli immigrati dell’Est Europa (23,8%), seguiti dal resto del vecchio continente (21,7%). Buon adattamento anche per i sudamericani (19,5%). Faticano di più, invece, i cinesi (3,3%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA