
Cronaca / Lecco città
Mercoledì 09 Aprile 2025
Lecco, Casa don Guanella: le toccanti testimonianze degli ospiti
L’educatrice: «Quei ragazzi hanno vissuto sofferenze che noi italiani non riusciamo neanche ad immaginare»
Lecco
«Quei ragazzi hanno vissuto sofferenze che noi italiani non riusciamo neanche ad immaginare». Sono parole che pesano quelle di Carlotta Nava, educatrice di casa don Guanella, perché sono cariche dell’impegno quotidiano nell’assistenza ai minori stranieri non accompagnati ospitati a Lecco.
Proprio perché pesa, il suo racconto restituisce uno spaccato prezioso in un dibattito pubblico spesso leggero e superficiale. «Attualmente – spiega Nava – accogliamo due gruppi di ragazzi in due unità residenziali diverse. Nel primo gruppo ci sono due ragazzi provenienti dal circuito penale e sei minori stranieri non accompagnati mentre nel secondo ci sono quattro ragazzi provenienti dal circuito penale e sette minori stranieri. Negli ultimi mesi le richieste di accoglienza dei migranti minorenni arrivati in Italia da soli sono calate rispetto al periodo 2021 – 2024. C’è stata una fase in cui ci chiamavano 5 o 6 volte al giorno per collocare i ragazzi perché non sapevano dove metterli».
Quattro degli ospiti presenti in struttura, tutti di origine nordafricana, e due ragazzi pakistani seguiti dalla cooperativa Arcobaleno sono stati coinvolti nel convegno “Popoli in cammino” svoltosi lo scorso sabato in casa don Guanella. «Il mio collega Francesco Tenderini e il giornalista Daniele Biella – prosegue l’educatrice – hanno raccolto e rielaborato le testimonianze di questi ragazzi. Nella prima parte del convegno hanno poi chiesto ad ognuno di loro di raccontare al pubblico, circa una quarantina di persone, ciò che si sentivano a partire da alcune parole chiave. Sentire raccontare certe storie da ragazzi con una certa naturalezza è stato molto toccante sia per noi che per il pubblico».
Al centro di questi racconti, soprattutto violenza. «Uno dei ragazzi – ricorda Nava – ha raccontato di quanto la polizia di frontiera di un paese dell’est Europa ha iniziato a sparare addosso al gruppo in cui si trovava mentre stavano attraversando un fiume su una barca di fortuna messa insieme con della plastica. Alcuni dei migranti hanno rischiato di affogare. Una volta arrivati a riva sono stati spogliati e tenuti sulla riva nudi per ore in attesa dell’arrivo delle camionette che li hanno riportati al punto di partenza. Un altro ragazzo ha raccontato dell’ultima fase di un viaggio durato sei mesi, quando si è trovato ad attraversare la Slovenia in pieno inverno. Tante delle persone che erano con lui si addormentavano la notte e non si svegliavano più per il freddo quindi lui faceva di tutto per non dormire».
Il pensiero dei traumi psicologici che hanno subito questi ragazzi fa rabbrividire. «Spesso mancano le risorse – conclude Nava – per farci carico dei danni psichici. Cerchiamo di aiutare questi ragazzi a costruirsi un percorso sul territorio una volta maggiorenni. Arrivano in un contesto culturale completamente nuovo senza punti di riferimento. Ci prendiamo cura di loro iscrivendoli a scuola, facendogli imparare la lingua. Tanti di questi giovani vogliono solo costruirsi un futuro migliore di quello che avrebbero avuto nel loro paese e aiutare la famiglia».
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