Lecco. Acsm-Agam:
«Il futuro dei servizi»
La Regione ha dato il suo assenso all’operazione: «Fondamentale per il prossimo decennio in Lombardia», Brivio, sindaco di Lecco,è tra i registi dell’operazione: «Era giunto il momento di pensare a un nuovo modello»
Cinque province lombarde, quasi un milione di abitanti, oltre 800 dipendenti e una base clienti che conta già oltre 300mila utenze sul gas, 240mila sull’idrico e 25mila sull’elettrico. In più, impianti di teleriscaldamento e generazione di elettricità già collaudati e produttivi e, ovviamente, ricavi stimati per 400 milioni, indebitamento sceso a 80, con un fatturato e una capacità di produrre dividendi in netta crescita rispetto al passato.
Il risultato della maxi operazione durata di fatto un anno e mezzo si scrive Acsm-Agam, è piuttosto cacofonico e mantiene la carta d’identità di uno solo degli attori dell’operazione; ma, di fatto, si legge multilutility della Lombardia e attende solo il varo ufficiale del piano industriale per spiccare il volo verso il mercato nazionale. Ecco perché il nuovo soggetto, recentemente protagonista di profondi dibattiti nelle tre province di Lecco, Como e Sondrio, ha ricevuto ieri mattina anche la benedizione della Regione.
«Un’operazione lungimirante, dalla riuscita della quale passa il futuro dei servizi lombardi», l’ha definita Attilio Fontana, direttamente dal trentunesimo piano del Pirellone. Una cosa è certa: nel bene o nel male l’operazione di Acsm-Agam segnerà il futuro delle politiche e dei servizi energetici lombardi del prossimo decennio. Dentro il contenitore, per come si configura all’indomani dello scorso primo luglio, fa bella mostra di sé il privato A2A (a quota 38% in quanto già detentore dell’offerta milanese e bergamasca e del 90% della municipalizzata di Varese), ma anche Lario Reti (al 23%, avendo messo sul piatto il gioiello di famiglia Acel Service, con tanto di LR gas). Chiudono il cerchio le partecipazioni originarie di Como e Monza (entrambe circa al 10%), e la presenza minore di Sondrio e Varese. Il tutto per affermare un modello del tutto diverso sia dalla semplice municipalizzata, sia dalla delega in bianco al privato di una vendita tout court.
«Il merito dell’operazione – chiarisce infatti il numero uno di A2A Giovanni Valotti - è di aver ragionato prima sul modello, e solo dopo sugli attori. Ci siamo chiesti quale fosse l’assetto che potesse portare innovazione, investimenti, efficiente utilizzo delle risorse, oltre a occupazione, indotto a livello locale e valorizzazione del ruolo degli enti locali (e qualche dividendo in più alle amministrazioni, che non guasta). Combiniamo, insomma, la managerialità e la capacità di accesso al credito dell’operatore industriale con il radicamento territoriale di società pubbliche già esistenti».
Un affresco che nasce da un quadro normativo ed economico stravolto negli ultimi anni. Le tanto attese gare d’ambito (e non più comunali) per il gas, l’idrico che viaggia sempre più sui binari dell’in house, oltre ai temi di raccolta e smaltimento che sempre più allargano il campo della sola distribuzione. Insomma, resistere nel proprio orto era ormai quasi impossibile, sia che si parli di geografia che di asset industriali. «Era il momento di pensare a un nuovo modello legato al tema energetico – sono le parole di Virginio Brivio, sindaco di Lecco e tra i registi dell’operazione dal fronte di Lario Reti e dell’Ato lecchese – un impianto non legato all’ormai finita dicotomia tra distribuzione e commercializzione, ma soprattutto rivolto all’efficientamento ambientale, a quei servizi integrati che passano sotto il concetto di smart city». Detto fatto (si fa per dire). Nel giro di un anno e mezzo, a partire da fine 2016 e, ufficialmente, da aprile 2017, la nuova multiutility ha preso forma e struttura societaria. E, a breve, anche un piano industriale quinquennale.
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