Cronaca / Lecco città
Domenica 16 Febbraio 2020
La Valletta, don Giorgio De Capitani
Pronto il ricorso contro Salvini
I legali del sacerdote condannato per il reato di diffamazione ricorrono in Appello Costretto a pagare 7500 euro di multa e subito dopo a sua volta ha querelato l’ex ministro
Appello contro la sentenza di condanna. Lo depositerà nei prossimi giorni l’avvocato di don Giorgio De Capitani, Marco Rigamonti, che con il collega Emiliano Tamburini, sta mettendo a punto il ricorso.
Si arricchisce dunque di un nuovo capitolo la “querelle” giudiziaria che ha visto contrapporsi l’ex ministro degli Interni Matteo Salvini e don Giorgio De Capitani, ex parroco di Monte di Rovagnate, ora sacerdote residente a Dolzago, condannato lo scorso 11 novembre a 7.500 euro di multa, 7.000 euro di risarcimento danni e 1.500 euro di spese da rifondere alla parte civile per il reato di diffamazione.
Un lungo processo
Il segretario della Lega aveva denunciato il sacerdote per averlo offeso in quattro circostanze specifiche, sia dal suo blog che dalla sua pagina Facebook. Don Giorgio aveva apostrofato Salvini sui social con espressioni quali “analfabeta”, “non ha testa, ha solo pancia e il di dietro”, “penso che Salvini non abbia mai letto un libro, se non il menù del ristorante o qualche manuale del kamasutra”.
Un processo lungo, davanti al giudice Nora Lisa Passoni, in Tribunale a Lecco, con numerose udienze “saltate” per il legittimo impedimento di Salvini a presenziare.
Il numero uno della Lega si era finalmente presentato a Palazzo di giustizia alla fine di settembre, per essere sentito dalla corte come parte offesa, accolto da numerosi sostenitori.
Quindi, a qualche settimana di distanza dalla sentenza di condanna, tramite i suoi legali, don Giorgio aveva a sua volta querelato l’ex ministro. L’accusa nei confronti del leader della Lega è quella di avere dichiarato il falso in Tribunale.
Ora la decisione di ricorrere in Appello, con gli avvocati difensori agguerriti per ribaltare una sentenza di primo grado che, fin dall’inizio, avevano dichiarato di non poter condividere né in punto di diritto né per la sostanza.
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