La scure del Covid
su giovani e donne
Istat e lavoroL’emergenza sanitaria ha avuto forti ripercussioni sulla componente più vulnerabile del mercato
Giovani e donne. Soprattutto giovani donne. L’emergenza sanitaria seguita alla pandemia da Covid ha avuto ripercussioni rilevanti sul mercato del lavoro e loro, componente più vulnerabile che già partiva da condizioni occupazionali più difficili, sono quelle che hanno subìto i maggiori danni.
A certificare, ancora una volta, la fragilità del lavoro femminile sono i dati pubblicati dall’Istat nell’aggiornamento annuale del sistema di indicatori del Benessere equo e sostenibile dei territori, riferiti alle province e alle città metropolitane italiane che per la Valtellina disegnano un quadro a tinte decisamente fosche.
Lo scorso anno l’occupazione giovanile (tra i 15 e i 29 anni) in provincia di Sondrio ha registrato un calo di tre punti percentuali passando dal 51% del 2019 al 48,5%. Un crollo a carico soprattutto dalla componente femminile, considerando che la percentuale di giovani donne occupate è passata dal 45,5% al 40,4%, mentre quella maschile ha perso solo lo 0,2% attestandosi nel 2020 al 56%.
A livello nazionale
Un deciso passo indietro, ancora più pesante di quello registrato a livello nazionale, dove pure la percentuale di giovani occupati è decisamente più bassa. Nel suo complesso in Italia il 2020 si è attestato al 29,8% (31,8% nel 2019), ma il calo della componente femminile nell’occupazione giovanile è stato meno marcato passando dal 27,3% al 24,9% (dal 35,9% al 34,5% nel caso dei maschi).
Caso diverso in Lombardia, dove tra i giovani sono stati i maschi i più penalizzati, passati dal 45,6% del 2019 al 41,7% di occupati dello scorso anno (dal 35,9% al 34,5% le giovani donne).
Le motivazioni
Il calo del lavoro tra le giovani donne in provincia è probabilmente dovuto al fatto che in percentuale sono maggiormente occupate nei servizi e in lavori precari.
E inoltre sul fatto che la riduzione delle posizioni lavorative durante il periodo di lockdown ha inciso in misura rilevante soprattutto sulle lavoratrici, riflettendo in buona parte, anche in questo caso, l’andamento particolarmente negativo del settore turistico e di quello dei servizi alla persona, dove le donne rappresentano in media i tre quinti degli addetti.
In provincia le ripercussioni del Covid sul mondo del lavoro si sono fatte sentire in maniera pesante anche sul tasso di occupazione della popolazione in età compresa tra 20 e 64 anni che ha registrato un calo più importante che altrove.
Se la media italiana è stata nel 2020 del 62,6% ovvero -0,9% rispetto al 2019 quando era del 63,5%, in Valtellina si è attestata a meno 2,8% passando dal 72,5 del 2019 al 69,7% dell’anno scorso sotto la media del Nord Italia che è complessivamente del 71,5%, e di quella lombarda che è del 71,9%. In questo caso, però, a pagare il prezzo maggiore sono stati gli uomini: la percentuale di occupazione in provincia è passata per loro dall’81,3% al 77,8%, mentre quella femminile, che comunque partiva da quasi venti punti percentuali sotto, è scesa dal 63,6% al 61,3%.
Nel 2020 le prime quattro province con i valori più elevati del tasso di occupazione sono nel Nord-est: la migliore in assoluto Bolzano (77,2%), seguita da Bologna (76,6%), Forlì-Cesena (75,3%) e Trieste (75,1%). Quinta è Firenze (74,3%). All’opposto, tutte le province del Sud si collocano nella coda della graduatoria nazionale.
Giornate retribuite
Il rapporto dell’Istat analizza anche il numero di giornate retribuite nell’anno che misurano il grado effettivo di partecipazione all’occupazione dei lavoratori dipendenti.
L’indicatore, di fonte Inps, è calcolato come rapporto percentuale tra le giornate di lavoro complessivamente retribuite nell’anno ai lavoratori dipendenti e il massimo teorico (le 312 giornate annue di un dipendente occupato a tempo pieno).
La media Italia, nel 2019, è del 78% ma il valore dell’indicatore sale all’86% a Lecco, prima in Italia, e scende al 59% a Vibo Valentia.
Sondrio fa registrare un dato del 76,7% (72,8% tra le donne e 80% tra gli uomini). Il dato aggiornato al 2020 che ancora non è disponibile consentirà di valutare in quali territori il livello effettivo di partecipazione all’occupazione ha subito l’impatto più consistente a seguito delle cessazioni dei contratti a termine non rinnovati e del venir meno di nuove assunzioni.
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