K2: mito, storia e leggenda. Ma i lecchesi
più giovani non ne hanno sentito parlare

Non si insegna a scuola. Non se ne parla di certo sui social. Eppure sarebbe una storia davvero bellissima anche da raccontare sulle piattaforme. Domani sui quotidiani La Provincia di Lecco e La Provincia di Sondrio le pagine speciali dedicate alla storica impresa

K2, mito, storia, leggenda. Un’impresa, un qualcosa che va oltre il tempo e lo spazio. Domani i quotidiani La Provincia di Lecco e La Provincia di Sondrio dedicheranno alcune pagine speciali alla storica impresa. Eppure i lecchesi più giovani non ne hanno praticamente mai sentito parlare. Non si insegna a scuola. Non se ne parla di certo sui social. Eppure sarebbe una storia davvero bellissima anche da raccontare sulle piattaforme. Eppure no, non la conosce nessuno se si cala d’età. Alessandro Anderis è giovane, non giovanissimo, e infatti è uno dei pochi informati su quel che avvenne, di storico, settant’anni or sono. Incontrato al “cantun di ball”, tra via Cavour e via Roma, ci spiega: «Il K2 è la storia dell’alpinismo mondiale, non solo lecchese. La seconda vetta più alta del mondo. Un’impresa che resterà negli annali per sempre. Il ragno, pur non essendo davvero lecchese, Walter Bonatti sicuramente a Lecco non sarà mai dimenticato. Viva i maglioni rossi». Insomma, ci siamo. Ma se si scende di età e dagli “anta” si scende sugli “enta”, o, peggio sugli “enti”, diventa buio pesto. Anche far dire che il K2 è una vetta altissima, è difficile.

Andrea Ferreri è un “praticante” della montagna, ma non certo uno “storico”: «Io corro in montagna per cui so che il K2 è una vetta. Ma non so nulla dell’impresa del 1954. Mi sono appassionato da pochi anni a questa disciplina e prima, devo ammetterlo, non conoscevo manco le montagne della nostra città. Invece ora sono un discreto esperto. Ma la storia dell’alpinismo lecchese, no. Quella non la conosco assolutamente».

Pietro Campi dà l’aria di essere un giovane informato, studioso, acculturato. Ma non di montagna. Quando gli diciamo “K2”, replica: «Ci ho preso! Il K2 è una montagna vero? – è il suo esordio –. Ma altro non saprei. Vado in montagna, è vero, ma non tantissime volte. Sono stato in Valbiandino l’altro giorno. Ma ora che me l’avete chiesto vado a vedere cos’è stata l’impresa del K2 del 1954… Grazie dell’info».

Michela Benassi è più informata anche perché rientriamo più negli “enta”: «Se mi parla di K2 mi viene in mente qualcosa di incontaminato, di fino ad allora irraggiungibile. Non conosco però i dettagli di quell’impresa, ma a Lecco si sa che il K2 è stata una montagna assolutamente difficile da “vincere”. Però non so di più, non me lo chieda». Promossa comunque a pieni voti. Anche perché le sue collaboratrici, che scendono nell’Under30, forse anche U20, non ne hanno davvero mai sentito parlare. Martina Errico, pochi passi più in là, non ha proprio idea di cosa le stiamo chiedendo. Appare un Under 25 per cui in questa fascia di età è davvero difficile trovare chi sappia qualcosa di montagna sotto il profilo alpinistico. «No, mi dispiace davvero. Non so cosa sia il K2 e non so cosa abbiamo fatto noi lecchesi lassù. Scopro da lei che è una montagna. Ora mi informerò perché davvero era la prima volta che ne sentivo parlare». Sara Vadalà, originaria di Reggio Calabria, anche lei U25, non sa neanche di cosa si parli quando si cita il K2 ma è giustificata dalle origini “marine” e non certo “montane”: «Sono nata al mare, a Reggio Calabria, per cui di montagna so poco proprio per “formazione”. Certo mi piace, ma non la frequento. E di K2, ragni, maglioni rossi, onestamente, tra me e i miei amici non ne abbiamo mai parlato. Anche se sono a Lecco fin da quando ero piccolissima».

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