Interdittiva antimafia al Farfallino, il circolo
espulso dalla rete Arci. Valsecchi: «Molto grave, non giriamoci dall’altra parte»

L’Arci, con una nota, ha spiegato la propria decisione stabilita all’unanimità, prendendo le distanze dai contenuti dell’interdittiva. Sul tema è intervenuto anche il capogruppo in consiglio comunale di Appello per Lecco

Il circolo Arci Farfallino di Lecco, come è stato reso noto ieri, ha ricevuto dal prefetto di Lecco, Sergio Pomponio, un’interdittiva antimafia. Il provvedimento interdittivo è stato notificato al circolo il 3 giugno e poi trasmesso dall’attuale presidente, in carica da un anno, al coordinamento provinciale. L’11 giugno l’Arci, prendendo atto dei contenuti presenti all’interno del provvedimento, ha decretato l’espulsione del circolo Farfallino dalla rete associativa. L’Arci, con una nota, ha spiegato la propria decisione stabilita all’unanimità, prendendo le distanze dai contenuti dell’interdittiva: «Preso atto della gravità della situazione descritta negli atti portati alla nostra attenzione, verificato che la condotta del Circolo non ha rispettato le norme etiche dell’Arci, esprimendo con fermezza la presa di distanza dalla situazione che si è venuta a creare, il consiglio direttivo ha decretato l’espulsione dalla rete Arci». Il circolo Farfallino ha poi cessato l’attività (principalmente bar, biliardo e danza) chiudendo i battenti domenica 16 giugno. L’attuale presidente ha rinviato a un successivo momento eventuali dichiarazioni. Dal circolo viene però sottolineato come gli addebiti riguardino il passato e non l’attività della nuova presidenza.

Il circolo Farfallino, realtà attiva dal secondo dopo guerra, è un luogo legato a doppio filo alla storia della nostra città. Il 6 settembre 1976 durante la festa dell’Unità organizzata al circolo, venne ucciso Pierantonio Castelnuovo, fratello del noto attore Nino, operaio attivista del Pci pugnalato da sei uomini. Uno dei killer era quell’Antonio Musolino imparentato con il boss Franco Coco Trovato. Castelnuovo è quindi considerato e ricordato come una vittima di mafia.

Sul tema è intervenuto oggi con una nota anche Corrado Valsecchi, capogruppo di Appello per Lecco in consiglio comunale. «Arrigo Diodati, partigiano e fondatore dell’Arci probabilmente si rigira nella tomba. Il circolo Arci Farfallino è stato chiuso da una interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Lecco. Mi sono interrogato anche per il ruolo di vicepresidente della commissione antimafia su questa brutta pagina di casa nostra. Se esponenti mafiosi riescono a prendere il controllo anche dei circoli, una volta casa degli operai - scrive Valsecchi -, c’è da preoccuparsi seriamente. E non basta sciogliere l’adesione all’associazione come hanno fatto giustamente i dirigenti dell’Arci di Lecco e Sondrio, occorre intervenire sul controllo e sulla prevenzione alle infiltrazioni mafiose. I circoli sono vulnerabili, basta che qualcuno prenda un “pacchetto” di tessere per diventarne il dominus. Con la crisi dei partiti, essi stessi corrono lo stesso rischio dei circoli, si è fatta strada una debolezza democratica e di controllo che consente alle organizzazioni politiche e sociali di essere permeabili. Mafiosi e affaristi di varia specie sono pronti ad approfittarsi di questi luoghi, una volta nobili e inaccessibili, rappresentavano il meglio della cultura operaia e democratica, che mettevano al servizio della collettività nell’azione sociale, culturale e politica. Ma perché esponenti dei clan dovrebbero essere interessati a occupare “militarmente” i circoli? Lo scopo dei mafiosi - scrive ancora Valsecchi - potrebbe essere di avere una base rappresentativa, in una struttura sociale e ricreativa riconosciuta e accreditata, per poter affrontare interlocuzioni e relazioni con il sistema comunitario e istituzionale. Sarebbe sbagliato lasciar passare questo provvedimento prefettizio senza commentarlo perché vorrebbe dire che ci siamo abituati a tutto, che in fondo fa parte anche questo di una normalità dei tempi che evolvono. Mi spiace ma non è così, lo dobbiamo allo spirito dei fondatori dell’Arci, ai milioni di persone che hanno creduto in quella esperienza e si sono sacrificati con un impegno di volontariato gratuito , al dovere di vigilare perché non accada più e al diritto dei circoli di mantenere la dignità che li ha sempre contraddistinti. Quindi la cosa più pericolosa da fare sarebbe quella di girarsi dall’altra parte e dire che è capitato, ma non possiamo farci nulla. Sappiamo che non è così!».

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