Infermieri dall’India in arrivo
anche a Lecco, il sindacato:
«Non è una soluzione»

Massimo Coppia della Uil Fpl del Lario: «Se se ne vanno i nostri infermieri o cambiano lavoro è per gli stipendi bassi, i turni estenuanti, la mancanza di progressione di carriera e le condizioni di lavoro logoranti. Nonostante siano considerati una colonna portante del nostro sistema sanitario, i nostri infermieri sono tra i meno retribuiti d’Europa»

Arrivano 10mila infermieri dall’India, in Italia. Un aliquota sarà in Lombardia. Qualcuno c’è già in Asst Lariana. E il fenomeno degli infermieri stranieri è, d’altronde, una realtà anche in Asst Lecco. Anzi, è una necessità. Ma davvero è questo il modo di ovviare alla fuga degli infermieri all’estero e, in particolare per il nostro territorio, in Svizzera? La Uil Fpl del Lario guidata dal segretario generale Massimo Coppia pensa di no: «Se se ne vanno i nostri infermieri o cambiano lavoro è per gli stipendi bassi, i turni estenuanti, la mancanza di progressione di carriera e le condizioni di lavoro logoranti. Nonostante siano considerati una colonna portante del nostro sistema sanitario, i nostri infermieri sono tra i meno retribuiti d’Europa, con una retribuzione che spesso non rispecchia il livello di formazione e la responsabilità che questo ruolo comporta. Di fronte a offerte di lavoro estere più remunerative e a condizioni più favorevoli, molti decidono di espatriare». Detto questo Coppia pensa che piuttosto che ricorrere esclusivamente al personale estero, si potrebbero «migliorare le condizioni economiche e professionali di tutti i suoi infermieri, attirando al contempo coloro che sono stati costretti a emigrare. Un adeguamento degli stipendi e una rivalutazione del percorso di carriera infermieristica avrebbero un impatto immediato».

Insomma, per la Uil Fpl del Lario «assumere infermieri dall’India non è una soluzione a lungo termine e rischia di trascurare le problematiche strutturali del nostro sistema sanitario. Non si tratta di una questione di nazionalità – gli infermieri indiani sono competenti e professionali – ma della necessità di un intervento che possa incidere realmente sulla qualità del nostro sistema sanitario. Senza migliorare le condizioni lavorative e retributive, il rischio è che si continui a perdere forza lavoro qualificata, con conseguenze dirette sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini».

Ma anche per Fabio Fedeli, presidente dell’ordine delle professioni infermieristiche (Opi), l’aumento salariale rappresenta un nodo cruciale: «I dati Ocse ci vedono tristemente nella parte bassa della classifica. In particolare nella nostra provincia sarebbe importante riconoscere l’indennità di prossimità, altrimenti rimarrebbe pesantemente penalizzata rispetto alle province di Varese e Como, che sono a pochi minuti di macchina. Oltre quello occorre intervenire sulla valorizzazione professionale. Il Ministro Schillaci ha recentemente annunciato l’apertura di Lauree Magistrali a indirizzo clinico che permetterebbero agli infermieri di specializzarsi. È una cosa che condividiamo, ma bisogna premere l’acceleratore per riconoscere la formazione post base infermieristica, anche a chi l’ha conseguita in questi anni, formalizzando competenze esperte e specialistiche». Inoltre, per aumentare l’attrattività, si deve lavorare molto anche sul benessere organizzativo: «Servono interventi per prevenire e affrontare il burn-out degli operatori sanitari e la problematica delle aggressioni rivolte contro il personale sanitario. L’aumento delle pene per gli aggressori non è un deterrente sufficiente se non si contrastano anche gli altri trigger di agiti aggressivi (lunghe attese, ambienti inadeguati, mancata cultura del funzionamento dei servizi). Sugli infermieri stranieri, va inoltre detto che non è una soluzione immediata: questi colleghi hanno necessità di imparare la lingua e l’organizzazione lavorativa italiana e questo è un processo che potrebbe richiedere anni prima di essere autonomi».

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